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Viveva una volta, in un paesino di poche pretese vicino al mare, una piccola zanzara tigre, leggiadra nell'aspetto e agile nel volo; il suo nome era Punturina, e apparteneva alla nobile casata dei Pungi-pungi. La piccola aveva un solo, grande difetto, era distratta, anzi... distrattissima: quando prendeva di mira qualcuno dall'aspetto gustoso, si entusiasmava talmente da non badare a nulla e a nessuno, nella sua rincorsa...


Il capogruppo Big-Zanzi, tempo addietro, si era fratturato una zampina, cercando di far deviare Punturina da una rama con tanti ricci di castagne, tanto che ancora oggi, dopo mesi di riabilitazione, era costretto a sorreggerla con una piccola stampella di legno di noce; la levatrice più anziana, inoltre, si ritrovò un giorno con 108 larve sparse in ogni dove, perché Punturina aveva perso l'equilibrio guardando un millepiedi addormentato ed era caduta col culetto proprio nell'incubatrice di raccolta... Ahi, ahi, ahi! L'ostetrica dovette cercare le piccole larve ad una ad una, controllando con la lente in ogni dove, contando e ricontando per non incorrere nella sanzione del severo Giudice Flit, tutore dei minori abbandonati...
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Le altre zanzare cominciarono così ad evitare di trovarsi nei paraggi della compagna distrattona e Punturina, poco alla volta, si abituò suo malgrado alla solitudine, tanto da non accorgersi, una sera di burrasca novembrina, che l'intera comunità delle zanzare tigre si era allontanata. Colta da una profonda malinconia, non si dette da fare per raggiungerle, ma si lasciò andare, scordando persino di nutrirsi, tanto... la gente ormai se ne girava ben infagottata e, se lei si arrischiava ad entrare in qualche cucina per trovare un po' di calore, immediatamente vedeva mani gigantesche e minacciose che le si scagliavano contro... Povera piccina! Una sera, scorse un esserino minuscolo, di un tenero rosa, addormentato in una culla accanto a un focolare e, mentre nell'aria si alzava il suo lieve, tranquillo respiro, le venne voglia di incunearsi sotto alla sua testina per godere di quella dolce compagnia. Trovarsi accanto a quel morbido fagottino, le fece venir voglia di baciarlo e, vogliosa di affetto, spinse avanti il suo pungiglione e con quello lo accarezzò un po' dappertutto.
Oh, nooo!!! Il piccolo prese a piangere disperatamente e Punturina, spaventata, fuggì, nascondendosi dietro ad un librone della biblioteca. Intanto nella stanza erano accorse due donne, una vecchia con una crocchia grigia sul capo ed una giovanetta snella e bionda: “Zanzare maledette! Ma non dovrebbero essersene andate tutte, ormai”? E la vecchia, con fare deciso, raccolse il piccolo e cercò di calmarlo mentre la giovane gli metteva una cremina morbida massaggiandogli la pelle.
“Non riesco a farne una di buona...”, pensò fra se' Punturina e, rattristata e affamata, uscì di casa attraverso una finestra che dava sul cortile. Se ne stava sconsolata a piangere accanto all'ultimo bocciolo infreddolito di una pianta di rose selvatiche, quando le si fece accanto un alto e irsuto cane pastore, dal pelo sporco e arruffato.
“Ehilà, piccolina, non mi avevano detto che c'era la possibilità di balneazione anche in questa stagione... Hai le lacrime che formano un lago...”. E rise con un “Buh buh buh” che lo fece sussultare tutto. La zanzarina si asciugò con una zampetta gli occhi e, curiosa, lo guardò. “Come ti chiami, e perché ti sei fermato a chiacchierare con me? Tutti mi scacciano, e sono rimasta sola, uhuh uhuh uhuh... Non riesco a combinarne una di buona... Volevo dare i bacini a una creaturina piccola, tutta rosa, e non sono riuscita che a farla piangere...” E riprese a singhiozzare disperatamente, aggrappandosi all'orecchio sinistro del cane pastore. “Ehi, distrattona – fece quello - non ti accorgi di pungermi, oltre che di inondarmi di lacrime salate? Vabbè, mi presento, sono Dentone: come vedi, ho un dente scheggiato e giallo, che mi è anche cresciuto storto...” Poi riprese a ridere con simpatia.
La zanzarina Punturina, scorgendo sul volto della bestia un sorriso benevolo, si rilassò, tolse delicatamente il pungiglione che, per sbaglio, gli aveva affondato nella carne e, speranzosa, gli chiese: “Dentone, che dici? Diventeremo amici?” “Certo, a patto che il tuo attrezzo di tortura se ne resti a distanza di sicurezza dalla mia pelle, anzi, che ne diresti di venire dal mio chirurgo plastico, per un piccolo intervento?”
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La piccolina cominciò a tremare e a balbettare impaurita: “Mah, mah... è proprio con il mio Pungy che mi sono nutrita, e difesa sinora...”. “Già, già, lo so, ma so anche che una zanzarina distratta lo affonda sempre e ovunque, senza badare alle minime precauzioni. Al mio chirurgo suggerirò di dotarti di qualcosa che... ti farà benvolere da tutti... Su, muoviamoci!” Punturina si appoggiò fiduciosa alla schiena di Dentone e, tanto per risparmiare fatica, si lasciò trasportare in tal modo attraverso un sentiero sassoso che portava, dalla spersa laguna, all'interno di un bosco ombroso.
Nella parte inferiore del grosso tronco di un pino marino, stava un portoncino appena accostato. Dentone vi battè sopra con la zampa e, abbaiando concitato, prese a chiamare: “Signor Chirurgo, Signor Chirurgo, è un'emergenza!”. Il portoncino si aprì e ne usci, con il muso accigliato e le penne arruffate, un grosso gufo. Sopra il becco portava due occhialoni a mezza lente e, sotto un'ala, teneva una forbice dall'aspetto, per Punturina, non troppo rassicurante...
“Ah, sei tu, Dentone... E questa piccola in lacrime? Chi è, e come mai non se n'è partita con le altre?”. “Dottor Gufotto, mi scusi, ma è per lei che son venuto sin qui; ho sentito parlare dei suoi trapianti, di becco, d'ala, di coda... Non sarebbe per caso possibile togliere a Punturina il suo affilato pungiglione e trapiantarle qualcosa di meno pericoloso?”. “Mmmh... Ma non ha pensato, la piccola, che così facendo dovrà rinnegare tutto ciò per cui è nata e cresciuta? E cosa le trapianteremo mai, al posto di questo?”
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La zanzarina ascoltava, attenta e silenziosa, ripensava alle sue compagne che non l'avevano mai accettata, ai suoi tentativi inutili di farsi amica la gente, al suo nuovo amico Dentone che, con affetto sincero, voleva vederla felice. Ricordava anche la dolcezza provata quando, quello stesso giorno, si era appoggiata alla tenera carne del bimbetto addormentato...
“Signor Chirurgo Gufotto, forse io sono una zanzara un po' diversa... Ho sempre un po' invidiato i baci che si danno gli umani: quello tra una mamma e il suo bambino, quello tra fratelli, quello tra due innamorati... Che ne direbbe di trapiantarmi delle labbra morbide, fatte a cuore?”
Il chirurgo ci pensò per un po', poi accondiscese e, fatta addormentare la zanzarina con una foglietta di Valeriana, provvide ad innestarle, al posto di Pungy, la tenera boccuccia che lei tanto desiderava.
E da quel momento, tutte le zanzare che a novembre girano per casa o nei giardini, possono forse dare soltanto un po' di fastidio con il loro zampettare ovunque ma, ammettiamolo, non pungono! Osservatele bene, forse hanno pure loro una boccuccia con labbra morbide, fatte a cuore.



10 luglio 2008
Ines Scarparolo