Il pesciolino nero


Samad Behrangi (1939-1968)


Traduzione e modifica: Pirooz Ebrahimi

Era la notte più lunga dell’anno e in fondo al mare Nonno Pesce stava raccontando una favola ai suoi dodicimila nipotini.



C’era una volta un piccolo pesce nero che viveva con la sua mamma in un ruscello che usciva da una montagna e proseguiva fino in fondo a una piccola valle. La casa del pesciolino nero e della sua mamma si trovava dietro a una pietra nera e il tetto era ricoperto di muschio. Quando il pesciolino si addormentava lì sotto, spesso pensava alla luna e sperava di poterne vedere il chiarore, anche per una sola volta, attraversare la sua casa.
Dalla mattina alla sera, il pesciolino nero, la sua mamma e altri pesci nuotavano avanti e indietro in quello specchio d’acqua. Questo piccolo pesce nero era figlio unico, perché di tante uova che la mamma aveva deposto, forse diecimila, solo una se n’era salvata.
Da qualche giorno il pesciolino era pensieroso e parlava poco: nuotava qui e là in modo pigro, svogliato e spesso se ne stava in disparte, lontano dalla sua mamma, la quale temeva che il figlioletto fosse ammalato e si augurava che guarisse presto. In realtà, il problema era un altro.
Un giorno, prima dell’alba, il piccolo pesce nero svegliò la sua mamma e le disse: “Mamma, ho bisogno di parlarti di alcune cose!”.
“Figliolo, adesso non è il momento di parlare!” rispose lei, aprendo un occhio, “Non sarebbe meglio andare a fare un giro? Parleremo dopo”.
“No, mamma!” disse lui “Non posso più girare a vuoto, devo andare via di qua!”
“Devi andare?” domandò la mamma “E dove, poi?”.
“Sì, mamma. Devo proprio andare!”
La mamma, preoccupata, tentò di fargli cambiare idea, ma lui non si rassegnò: “Voglio andare a vedere dove va a finire il ruscello…sai, è da mesi che ci penso, tanto che stanotte non ho chiuso occhio e ho deciso di partire. Voglio conoscere altri posti…”.
La madre sorrise: “Anch’io quando ero piccola pensavo spesso a queste cose, tesoro, ma adesso sono sicura che il ruscello non può avere né un inizio né una fine. Tutto quello che c’è è qui: non va a finire da nessuna parte!”.
“Ma mamma!”, replicò il pesciolino nero, “Non è forse vero che ogni cosa arriva a una fine? La notte ha una fine, il giorno ha una fine e così anche le settimane, i mesi, gli anni…”
Lei lo interruppe: “Smettila di fare certi discorsi! Non è più il momento di discutere. Adesso alzati che andiamo a fare colazione.”
Ma lui si ribellò: “No. Ormai mi sono stancato di questi giri inutili, voglio vedere cosa accade negli altri luoghi… Nessuno me ne ha mai parlato, eppure ho sentito molti altri pesci che, invecchiando, si lamentavano del fatto che la loro vita era trascorsa inutilmente. Li ho visti piangere, pieni di rimpianti. Io voglio scoprire se la vita in un piccolo posto come questa pozza d’acqua significa andare e tornare, avanti e indietro, finché diventi vecchio e null’altro!”
Quando il pesciolino nero ebbe finito di parlare, sua madre lo guardò turbata e gli disse: “Tesoro, hai forse perso la testa? Mondo, mondo…ma di cosa parli? Il mondo è qui dove siamo noi e la vita è quella che viviamo qui!”
In quel momento un gorsso pesce si avvicinò alla loro casa e domandò: "Vicina, ma che succede? Perché stai discutendo con tuo figlio? Non avete voglia di passeggiare oggi?".
La mamma del pesciolino nero uscì dalla casa e disse: "Il mondo è cambiato! Adesso sono i figli che vogliono insegnare ai genitori. Roba da matti!"
Il vicino di casa rimase perplesso.
Mamma pesce continuò a dire: "Vedi, questo pesciolino vuole andare a scoprire il mondo. Che idee!"
"Ma guarda un po' il piccoletto", intervenne una vicina che aveva ascoltato i loro discorsi, "Da quando sei diventato filosofo e colto? Non ce n'eravamo accorti".
"Signora", disse in tutta risposta il pesciolino nero, " Non so cosa intenda lei quando dice che sono filosofo e colto! Io mi sono semplicemente annoiato di stare qui e non desidero più nuotare inutilmente avanti e indietro in questo piccolo specchio d'acqua, fingendo di essere contento. Per arrivare poi ad accorgermi di essere un vecchio pesce che in tutta la sua vita non ha combinato nulla ed è rimasto sempre quello che era."
"Oooh! Che discorsi", esclamò la vicina.
"Non avrei mai pensato che il mio unico figlio, il mio cocco di mamma, sarebbe diventato così. Non riesco a capire cosa possa averlo rovinato." aggiunse sconsolata la mamma.
"Nessuno mi ha rovinato", rispose il pesciolino, "Io ho il mio cervello per ragionare e i miei occhi per vedere".
La vicina, rivolgendosi alla madre disse: "Sorella, ti ricordi di quella lumaca a spirale?"
"Sì", rispose la madre, "Hai detto bene! Girava sempre intorno al mio piccolo! Che Dio la maledica!"
A quel punto, il pesciolino, seccato rispose: "Basta mamma, lei era amica mia!".
"Ma pensa un po'", commentò la madre, "non avevo mai sentito di un'amicizia tra un pesce e una lumaca".
"Nemmeno io", disse il pesciolino, "Ma c'è stata e voi l'avete rovinata".
"Queste cose appartengono al passato", disse la vicina.
"Meritava la morte", ribatté la madre con tono grave, "Ti ricordi quante cose raccontava a chiunque le capitasse? Che discorsi...".
"E allora ammazzate anche me!" urlò il pesciolino, "Perché anch'io dico le stesse cose"
In breve tempo si sparse la voce: altri pesci accorrevano attirati dai discorsi del pesciolino nero e ascoltavano con disappunto.
Uno dei vecchi disse: "Io credo che dovremmo punirlo."
E un altro confermò: "Certo che ci vuole una punizione!"
"Via, via, andate via", gridò la madre del pesciolino, "Non toccate il mio piccolo!"
"Signora", replicò un pesce, "Suo figlio è un maleducato e va punito"
Persino la vicina si vergognò della loro amicizia e di aver vissuto accanto al pesciolino nero e alla sua mamma.
La mamma si mise a piangere e a lamentarsi: "Oddio, il mio piccolo! Che devo fare? Che potrei fare?"
"Mamma", gridò il figlio, "Non piangere per me, piangi piuttosto per questi poveri vecchi pesci!"
"Ehi, ragazzo", gli urlò uno di quelli, "Non offendere"
E un altro aggiunse: "Se te ne vai non tornare perché non ti permetteremo più di stare qui con noi."
E un terzo: "Questi sono desideri di gioventù! Ripensaci! Non andare!"
E un quarto: "Cosa c'è qui che non ti va bene?"
E un quinto: "Non esiste un altro mondo. Il nostro mondo è qui, torna indietro!"
E un sesto: "Se ti ravvedessi e tornassi indietro potremmo perdonarti"
E un settimo: "Ma noi ormai ci siamo abituati a te..."
E la madre: "Abbi pietà di me. Non andare! Non andare!"
Il pesciolino nero non aveva nulla da aggiungere e alcuni suoi amici lo accompagnarono alla cascata.
Prima di andarsene li salutò: "Addio, non dimenticatemi!"
"E come potremmo dimenticarti?", risposero loro, "Tu ci hai svegliati da un sonno pesante, ci hai insegnato delle cose che non potevamo nemmeno pensare! Speriamo di rivederci, amico sapiente e coraggioso."
Il pesciolino guizzò nella cascata e la corrente lo trasportò in uno specchio d'acqua più ampio. Dapprima ebbe paura di essersi perso, poi cominciò a nuotare qui e là in quel grande spazio.
Fino a quel momento non aveva mai visto tanta acqua raccolta in un unico luogo. Mille girini gli si avvicinarono e presero a nuotargli intorno dicendo: "Guardate un po' che buffo! Ma tu che bestia sei?". Il pesciolino, dopo averli osservati attentamente, rispose: "Non offendetemi!! Ditemi i vostri nomi così ci conosceremo meglio."
"Noi ci chiamiamo girini", disse uno di loro.
E un altro: "Siamo una razza pura"
E un altro ancora: "Non esistono animali belli come noi!"
E un altro: "Non siamo di certo brutti come te!"
"Non pensavo foste così superbi", osservò il pesciolino, "Ma non importa, vi perdono perché so che queste parole sono dettate dalla vostra ignoranza".
E i girini tutti in coro: "Come? Ignoranti noi?"
"Se non foste ignoranti", disse il pesciolino, "Sapreste che in questo mondo ci sono tante persone diverse e che ognuno ha la propria bellezza".
Dai volti dei girini trasparivano stupore e rabbia, ma siccome il pesciolino aveva ragione e diceva la verità cercarono di cambiare discorso.
"Non è vero niente. Ogni giorno, dalla mattina alla sera, giriamo il mondo, ma non vediamo nessuno oltre ai nostri genitori e a qualche vermetto insignificante".
Il pesciolino allora domandò: "Voi che non potete andare via da qui, potete parlare di girare il mondo?"
"Mica esiste un altro mondo oltre a questo qui", risposero i girini.
"Dovreste almeno chiedervi", disse il pesciolino, "Da dove viene quest'acqua e che cosa esiste al di fuori del vostro villaggio".
E i girini: "Oltre a qui cosa c'è? Noi non abbiamo mai visto nient'altro. Ah ah ah...tu sei impazzito".
Il pesciolino nero sorrise della loro ingenuità, pensò che fosse meglio lasciarli perdere e andarsene o provare a parlare con la loro mamma. Quindi chiese loro: "Dov'è vostra madre in questo momento?"
All'improvviso una voce lo spaventò: la rana, che era seduta su una pietra, saltò in acqua, gli si avvicinò e domandò: "Sono qui. Cosa vuoi?"
"Buongiorno Signora", le disse lui.
E la rana: "Adesso cerchi di prendermi in giro con la tua galanteria, piccoletto? Io ho vissuto abbastanza a lungo per sapere che il mondo è tutto in questo villaggio, perciò è meglio che tu te ne vada e che lasci in pace i miei figli."
"Se anche vivessi cent'anni", replicò offeso il pesciolino, "Resteresti sempre una povera rana ignorante."
La rana, arrabbiatissima, saltò verso il pesciolino, ma quello schizzò via veloce come la luce e si allontanò, sollevando melma e vermi dal fondo dell'acqua. Quando fu abbastanza lontano, si fermò a guardarsi intorno e vide che la valle scendeva a spirale; il ruscello, che pur dalla cima della montagna appariva come un sottile filo bianco, si era ingrandito e l'acqua era molto più abbondante. Una grande roccia si era staccata dalla montagna ed era caduta dentro il ruscello: sulla parte che sporgeva fuori dall'acqua, una lucertola, grande come il palmo di una mano, stava sdraiata a crogiolarsi al caldo del sole e guardava un granchio, seduto sulla sabbia del fondo del ruscello, intento a mangiarsi una rana appena cacciata. Il pesciolino, accortosi improvvisamente del granchio, ebbe paura e lo salutò da lontano.

"Che pesciolino educato", disse il granchio, "Vieni avanti piccolo, vieni avanti!"
"Io vado in giro per il mondo, Sua Eccellenza, e non ho nessuna voglia di diventare la sua preda." gli disse il pesciolino.
"Ma perché sei così sospettoso e timoroso pesciolino?", chiese il granchio.
"Io non sono né sospettoso né timoroso", ribatté il pesciolino, "Dico quello che vedo e quello che penso!"
"Dimmi cos'hai visto e cos'hai sentito allora: pensi che io voglia catturarti?", domandò il granchio.
E il pesciolino: "Non fare finta di niente"
"Stai parlando della rana? Non sei mica un bambino, dai! Caccio le rane, perché pensano di essere le uniche al mondo e io voglio far loro capire cos'è veramente il mondo! Ma tu non devi avere paura, su vieni avanti." gli disse l'altro avvicinandosi pian piano.
Camminava in modo così buffo che al piccolo pesce venne da ridere: "Povero granchio", gli disse, "Non sai neanche camminare e vorresti sapere chi è il padrone del mondo."
E mentre il pesciolino si allontanava, all'improvviso un'ombra scura si abbatté sul granchio con un forte tonfo: un pastorello che aveva portato le sue caprette e le sue pecorelle a bere l'acqua del ruscello, lo aveva visto e lo aveva catturato. Nel frattempo gli animali avevano cominciato a immergere i loro musi nell'acqua e beeeh beeeh, il loro belare riempiva tutta la valle.
Il pesciolino aspettò pazientemente che finissero di bere e quando si allontanarono chiamò la lucertola: "Cara Lucertola, io sono Pesciolino Nero e sto cercando la fine del ruscello, e siccome credo che tu sia un animale saggio e molto colto, vorrei chiederti una cosa".
"Chiedi pure tutto ciò che vuoi", rispose lei.
"Per strada mi hanno messo in guardia dai pellicani, dai pesci-sega e dalle cicogne. Cosa sapresti dirmi di questi animali che possa essermi utile per il viaggio?"
"Il pesce-sega non lo troverai da queste parti, perché vive solamente nel mare", rispose la lucertola, "Il pellicano, invece, sì che puoi trovarlo! Non ti far ingannare da lui, altrimenti finisci nel suo sacco."
"Quale sacco?", domandò il pesciolino.
"Il pellicano ha un sacco sotto il collo che contiene tanta acqua. Lui nuota sulla superficie del ruscello con il becco aperto, e, a volte, i pesci entrano involontariamente nel sacco finendo direttamente nel suo stomaco. Quando il pellicano non ha fame, si fa una riserva di pesci per poi mangiarli più tardi".
"Quindi se un pesce finisce nel sacco", domandò il pesciolino, "Non esiste nessuna via di fuga?"
"C'è un'unica possibilità", rispose la lucertola, "Bisogna strappare il sacco. Ti darò un pugnale, così se dovessi finire in trappola, potrai salvarti."
La lucertola strisciò sotto una pietra e tornò con un piccolo pugnale. Il pesciolino lo prese e disse: "Grazie, cara Lucertola. Sei molto gentile, non so come sdebitarmi."
"Non c'è bisogno di ringraziare. Ne ho molti di questi pugnali, li costruisco io stessa con le spine delle piante, quando non ho nulla da fare, per poi regalarli ai pesciolini saggi come te."
"Ma allora prima di me, sono passati altri pesciolini da qui?", domandò incuriosito.
"Certo, ma adesso si sono riuniti in un bel gruppo e hanno fatto stancare il pescatore".
"Come sarebbe a dire che hanno fatto stancare il pescatore?", chiese ancora il pesciolino nero, quasi temendo di infastidire la lucertola a forza di domande.
"Sai, tutti questi pesciolini girano insieme per il mare. Quando avvistano una rete del pescatore, la prendono e la trascinano nel fondale...."A quel punto la lucertola s'interruppe per ascoltare qualcosa, tendendo l'orecchio verso una fenditura della roccia e disse: "Scusami, ma devo andare. I miei cuccioli si sono svegliati e mi stanno chiamando. Addio".
Così la lucertola sparì dentro la fenditura.
Il pesciolino se ne andò e mentre nuotava continuava a farsi domande: "Il ruscello finirà davvero nel mare? Il pellicano sarà più forte di me? Il pesce-sega ucciderà veramente i suoi simili per poi mangiarseli? Perché la cicogna è nostra nemica?"
Intanto continuava a nuotare, a pensare e a osservare il mondo circostante. E a ogni palmo di mano vedeva e imparava cose nuove. Nel discendere una cascata giocò a fare le capriole, poi riprese a nuotare. Sentiva il calore del sole sulle spalle e avvertiva una sensazione di grande forza.

Poco più avanti c'era un daino che beveva l'acqua del ruscello con fare frettoloso. Il pesciolino nero lo salutò e gli chiese: "Ciao bel daino. Come mai sei così di fretta?"
"Un cacciatore mi sta inseguendo. Mi ha ferito...eccolo che si avvicina", e dicendo queste parole scappò via.
Il pesciolino nero non poté vedere la ferita, ma vedendolo zoppicare mentre fuggiva, pensò che doveva soffrire molto.
Più avanti, in un angolo, delle tartarughe sonnecchiavano scaldandosi al sole e dal fondo della valle si sentivano risalire gli scoppi di risa delle pernici. Nell'aria il profumo delle erbe di montagna si mischiava con quello dell'acqua.
Nel pomeriggio il pesciolino arrivò nel punto in cui la valle si allargava e il ruscello entrava dentro una fitta foresta. L'acqua era diventata talmente abbondante da farlo esultare. Incontrò molti pesciolini come lui e questo lo riempì di gioia, perché dal momento in cui si separò dalla sua mamma non ne aveva più visto uno. Alcuni di loro gli andarono incontro e gli parlarono: "A quanto pare sei straniero, vero?"
"Sì, sono straniero e vengo da lontano".
"E dove vuoi andare?"
"Vado in cerca della fine del corso d'acqua nel quale nuotiamo"
"Noi lo chiamiamo fiume...stai attento, perché il pellicano è qui intorno."
"Sì, lo so", rispose il pesciolino nero.
"E sai anche che il pellicano ha un sacco molto grande?"
"Sì, so anche questo."
"E nonostante questo, vuoi proseguire?"
"Sì", rispose deciso, "Devo andare."
Presto si sparse la voce che c'era un pesciolino nero, venuto da lontano, che voleva andare a cercare la fine del fiume e che non aveva nemmeno paura del pellicano. Alcuni pesci avrebbero voluto seguirlo, ma temendo la contrarietà dei genitori non riuscirono nemmeno ad aprire bocca; altri, invece, dissero che se non ci fosse stato il pericolo del pellicano si sarebbero sicuramente aggregati. Sulla riva del fiume c'era un villaggio: le donne raggiungevano le sponde per fare il bucato e lavare i piatti. Il pesciolino nero se ne stette per un po' ad ascoltare i loro rumori e a guardare i bambini che facevano il bagno, poi si allontanò.
Nuotò, nuotò e nuotò ancora finché scese la notte.
Trovò una comoda pietra, sotto la quale sistemarsi e si addormentò. Si risvegliò quando scoccò la mezzanotte e vide riflessa nell'acqua la luna che illuminava tutto con la sua luce chiara.
Il pesciolino nero amava la luna: le notti in cui il suo chiarore illuminava lo stagno, gli piaceva saltar fuori da sotto il muschio e scambiare due parole con lei, ma ogni volta la mamma si svegliava, lo andava a prendere e lo riportava a dormire.
Quella sera il pesciolino guardò la luna e disse: "Ciao mia bella luna!".
"Ciao pesciolino nero", rispose lei, "Che ci fai da queste parti?".
"Giro il mondo!".
"Ma il mondo è molto grande, non puoi mica girarlo tutto!"
"Non ha importanza, finché posso vado avanti".
"Mi piacerebbe rimanere con te fino a mattina, ma c'è una grande nuvola nera che viene nella mia direzione e presto coprirà la mia luce".
“Luna bella, io amo la tua luce e vorrei che risplendesse sempre su di me!”
“Caro pesciolino” rispose lei “in verità io non possiedo nessuna luce, è il sole che me la fornisce, io poi la rifletto sulla terra. A proposito, sai che gli uomini vogliono venire con un razzo a camminare su di me?” chiese preoccupata.
“Ma questo è impossibile”, rispose pensieroso il pesciolino.
“Sì, è difficile, ma gli uomini fanno tutto ciò che vogliono…”, ma non poté finire la frase che la nuvola nera la coprì e la notte tornò a essere buia.

Il pesciolino nero se ne stette solo per qualche minuto a osservare il cielo coperto, poi tornò a dormire sotto la pietra. La mattina seguente si svegliò presto e scorse sopra la sua testa alcuni pesciolini che parlavano sottovoce tra di loro. Vedendo che lui si era svegliato gli dissero in coro: “Buongiorno!”
Il pesciolino li riconobbe subito e disse loro: “Buongiorno a voi! Finalmente avete deciso di seguirmi.”
“Sì, ma abbiamo ancora paura” risposero quelli.
“Il pensiero del pellicano non ci dà pace” disse uno.
“Siete troppo preoccupati”, rispose il pesciolino nero con tono autoritario, “Non si devono fare sempre brutti pensieri, andando avanti la nostra paura sparirà del tutto.”
Appena cominciarono a nuotare, però, si ritrovarono intrappolati in una specie di gorgo, sopra le loro teste fu tutto improvvisamente buio e intorno sembrò non esserci più alcuna via di scampo.
Il pesciolino capì immediatamente che erano finiti nel sacco del pellicano, e cominciò a incitare gli altri: “Amici, siamo caduti nel sacco del pellicano, ma c’è ancora una via d’uscita.”
I pesciolini cominciarono a piangere e uno di loro disse: “Non abbiamo nessuna via d’uscita. È tutta colpa tua, ci hai ingannati.”
E un altro aggiunse: “Adesso ci ingoia tutti, siamo finiti.”
All’improvviso una risata echeggiò nell’acqua e una voce disse: “Che pesciolini ho preso! Ah Ah Ah! Che pena mi fate! Ah Ah Ah! Buon per voi che non ho voglia di mangiarvi in un sol colpo!”
I pesciolini lo supplicarono: “Vostra Eccellenza Signor Pellicano! Abbiamo sentito parlare molto bene di Voi tempo fa. Se ci fate il piacere di aprire il Vostro becco prezioso, noi andremo via e Vi saremo sempre debitori”.
Il Pellicano rispose: “Adesso non ho voglia di mangiarvi, ho altri pesci da consumare, guardateli laggiù.”
Alcuni pesci, grandi e grossi, erano caduti nel fondo del sacco.
“Eccellenza, Vostra Maestà Pellicano!!! Noi non abbiamo nessuna colpa. È questo pesciolino nero ad averci ingannati.”
“Fifoni!”, gridò il pesciolino nero, “Pensate che questo truffatore sia una miniera di grazia, che lo pregate in questo modo?”
“Tu non capisci affatto quello che dici”, ribatterono loro, “Vedrai che Nostra Eccellenza, Nostra Maestà Pellicano ci perdonerà, mentre tu verrai mangiato in un solo boccone.”
Il Pellicano, intervenne con voce indulgente e disse: “Sì che vi perdonerò, ma a un’unica condizione: questo pesce curioso dovrà essere soffocato e voi sarete liberi.”
Il pesciolino nero si allontanò dagli altri e disse: “Non accettate. Questo uccello truffatore vuole farci litigare…ma io ho un’idea…”
I pesciolini, però, temevano talmente tanto per la loro libertà che non gli diedero ascolto.
“Codardi” disse il pesciolino nero “Siamo comunque tutti in trappola e non è in questo modo che troveremo una via verso la libertà.”
Ma i pesciolini, sempre più aggressivi, gli si scagliarono contro, tentando di soffocarlo nella speranza di essere liberati dal Pellicano.
“Avete perso la testa” continuò a gridare il pesciolino “Non ascoltatelo, è un inganno”, ma gli altri gli risposero che diceva così solo per salvare la pelle.
“Allora ascoltatemi e ve lo dimostrerò” disse lui “Mi fingerò morto e vedremo se il Pellicano vi lascerà liberi o meno. Sappiate, però, che se rifiuterete questa proposta mi difenderò con questo pugnale oppure strapperò il sacco e mi salverò, mentre voi…”
Uno di loro, strillando e piangendo lo interruppe: “Ora basta, io non ne posso più di ascoltare questi discorsi. Uh Uh Uh.”
Vedendolo piangere, il pesciolino nero domandò agli altri: “Ma perché avete portato con voi anche questo bambino viziato?”, poi estrasse il pugnale, li minacciò e loro furono costretti ad accettare la sua proposta. Iniziarono una lotta finta e poco dopo il pesciolino nero poté fingere di essere morto.
Rivolgendosi al Pellicano, il gruppo di pesci annunciò: “Eccellenza, Vostra maestà! Abbiamo ucciso quello stupido pesciolino nero!”
“Avete fatto bene!” dichiarò il Pellicano ridendo “Adesso come premio per il lavoro che avete svolto vi mangerò tutti in un solo boccone, così farete un bel giro nel mio stomaco.”
I pesciolini, ammutoliti, vennero fatti passare, alla velocità della luce, attraverso la gola del pellicano e così finì la loro avventura…ma il pesciolino nero, a quel punto, tirò fuori il pugnale, con un colpo solo strappò la membrana del sacco e fuggì fuori. L’uccello, urlando di dolore, infilò la testa nell’acqua per tentare di acciuffarlo, ma non ci riuscì.
Così il piccolo pesce nuotò, nuotò e continuò a nuotare, superando sia la montagna che la valle sottostante. Alcuni piccoli corsi d’acqua, provenienti da destra e da sinistra, si univano al fiume e lo ingrossavano al punto che il pesciolino nero si accorse presto che per quanto nuotasse su e giù, di qua e di là, non toccava mai il fondo né trovava la riva del fiume stesso.
A un certo punto si vide correre incontro un grosso animale, lungo e velocissimo che aveva una doppia sega davanti alla bocca.
“È sicuramente un pesce sega” pensò tra sé, e temendo che volesse colpirlo, si mise a nuotare con tutte le forze che aveva verso la superficie.
Solo quando fu certo di averlo seminato, si fece coraggio e tornò in profondità, curioso di vedere il fondale. A metà strada incontrò un enorme gruppo di pesci e chiese a uno di loro: “Amico, io sono uno straniero. Vengo da molto lontano. Che posto è mai questo?”
Il pesce chiamò i suoi compagni: “Guardate, un altro!” e rivolgendosi al pesciolino nero disse: “Amico, benvenuto al mare!”
“Tutti i fiumi e i ruscelli finiscono qui, nel mare” spiegò uno di loro “però alcuni arrivano in un punto in cui l’acqua è sempre ferma.”
E un altro ancora aggiunse: “Se e quando ne avrai voglia, potrai unirti al nostro gruppo e diventare uno di noi.”
Il pesciolino, contento di essere giunto al mare, ringraziò e disse: “È meglio che prima mi faccia un giro, più tardi mi unirò al vostro gruppo. Mi piacerebbe davvero essere in vostra compagnia la prossima volta che porterete via la rete del pescatore.”
“Presto il tuo desiderio potrà avverarsi” rispose uno di loro “Adesso vai pure a farti un giro, ma se sali verso la superficie sta’ molto attento alla cicogna, che di questi tempi imperversa contro di noi! Se ogni giorno non cattura quattro o cinque pesci non è contenta.”
Il pesciolino nero si allontanò dal gruppo e si mise a nuotare da solo. Salì verso la superficie e sentì il calore del sole sulla sua schiena: era una bella sensazione e si divertiva molto.
Tranquillo e felice nuotò a filo dell’acqua dicendo tra sé: “È possibile che la morte mi venga a cercare, ma io non le andrò incontro: vivrò felice quanto potrò e se sarò costretto ad affrontarla non avrà importanza. Quello che conta saranno gli effetti che la mia morte o la mia vita avranno avuto sugli altri.”
Il pesciolino nero non poté più seguire il corso dei suoi pensieri perché una cicogna si tuffò rapida nell’acqua e se lo portò via. Lui, stretto nel lungo becco dell’animale, soffriva molto e pensava che stavolta non sarebbe riuscito a salvarsi. Lo teneva così forte che si sentiva perso.
“Quanto potrò resistere senza l’acqua?” pensava.
Forse, sarebbe stato meglio se l’avesse inghiottito in un solo boccone, così, probabilmente, nel suo stomaco avrebbe trovato dell’acqua e sarebbe riuscito a resistere un po’ di più. Pensando a questa cosa si rivolse alla cicogna e le domandò: “Perché non mi mangi vivo in un solo boccone? Io appartengo a una razza di pesci che una volta morti diventano velenosi.”
La cicogna non rispose e pensò: “Furbo di un pesciolino! Chissà cos’hai in mente. Non sarà mica che vuoi farmi parlare, così io apro il becco e tu scappi via?”
Vedendo la terra avvicinarsi sempre di più, il pesciolino nero pensò: “Se arriviamo sulla terraferma per me sarà la fine.”


Quindi apostrofò nuovamente alla cicogna: “So che vuoi portarmi dai tuoi bambini, ma prima di giungere a terra sarò morto e diventerò velenoso. Cosa porterai allora ai tuoi figli, un pesce avvelenato?”
“Forse ha ragione, lo mangerò io e ne pescherò un altro per i miei piccoli.” disse tra sé la cicogna, ma mentre faceva questo pensiero si accorse che il pesciolino non si muoveva più e, sempre parlando a se stessa, disse: “Morto? Adesso nemmeno io lo posso mangiare. Un pesciolino così delizioso e io l’ho rovinato!”
Allora prese a chiamarlo: “Ehi, piccolo, sei ancora vivo?, ma non finì la frase che lui, liberatosi dalla stretta del suo becco, si precipitò verso l’acqua. La cicogna, accortasi dell’errore, si lanciò in picchiata per riprenderlo. Il pesciolino nero cadeva veloce come una saetta: sentiva il vento umido del mare sulla sua bocca secca e il cuore gli batteva forte forte dalla gioia. L’uccello, però, più veloce di lui, lo raggiunse e lo inghiottì in un sol boccone. Il piccolo pesce, prima ancora di rendersi conto di cosa fosse successo, si ritrovò in un posto umido e buio: era la pancia della cicogna. Lì dentro udì un lamento e quando i suoi occhi si abituarono all’oscurità, riuscì a vedere un piccolissimo pesce che se ne stava in un angolo e piangeva perché aveva perso la mamma. Il pesciolino nero gli si avvicinò e disse: “Piccolo, alzati e cerchiamo una soluzione, invece di stare lì a piangere.”
“Ma tu chi sei?” gli rispose l’altro “Io sento che sto morendo…ah…mamma…non potrò più venire con te in fondo al mare a portare via la rete del pescatore…Oh mamma!”
“Basta, piccolino, adesso non piangere più”, sentenziò il pesciolino nero.
E quando si fu calmato un po’ aggiunse: “Ucciderò la cicogna e libererò i pesci, ma prima devo farti andar via.”
“Ma siamo in trappola, come pensi di fare?” gli chiese il piccoletto.
Il pesciolino nero, allora, tirò fuori il pugnale e disse: “Ora io, da qui dentro taglierò la pancia della cicogna. Prima però mi muoverò di qua e di là in modo da provocarle il solletico: appena lei aprirà la bocca per ridere, tu salterai fuori.”
“E tu cosa farai?” domandò l’altro.
“Non pensare a me” replicò il pesciolino nero “Io non uscirò finché questo maledetto uccello non sarà morto.”
Quindi cominciò a dondolarsi e a muoversi a destra e a sinistra, facendo il solletico alla cicogna. Appena quella cominciò a ridere e aprì il becco, il piccolo pesce si lanciò fuori e, tuffatosi nell’acqua, scappò via. All’improvviso udì la cicogna gridare di dolore e la vide cadere in acqua contorcendosi.
Del pesciolino nero, invece, non trovò più alcuna traccia.

Nonno Pesce terminò la sua favola, dicendo ai suoi dodicimila, tra figli e nipoti: “Adesso è ora di dormire, su, andate a riposare.”
Ma i pesciolini in coro: “Ma nonno, non ci hai detto che fine ha fatto il pesciolino nero!”
“Cuccioli” disse il vecchio pesce “Questo racconto è per un’altra sera. Adesso tutti a dormire!”
Così sia i pesciolini che il nonno si addormentarono. Solo un pesciolino rosso non poté chiudere occhio pensando al mare…

Ringarzo Ali Behnam Farahzad per le illustrazioni.
www.farahzadart.com

Ringrazio inoltre le persone che mi hanno aiutato alla correzione della traduzione:

-Riccardo Rondinone
-Patrizia DE Franceschi
-Sashinka Gorguinpour