HONEY TROVA UN AMICO
Illustrazioni e fiaba: Ines Scarparolo

C’era una volta un bel cucciolo di pastore tedesco dal pelo lungo e soffice color del miele. Vivace, sano, di aspetto grazioso, esso ispirava una immediata simpatia; avrebbe potuto essere il più felice cagnolino di questa terra ma, purtroppo, era solo al mondo.


Traballante sulle sue zampette, infreddolito (l’inverno era alle porte), il piccolo girovagava impaurito per le strade della città tra lo smog delle fabbriche, lo sfrecciare delle auto e il via vai frettoloso della gente.
Del suo primo periodo di vita, Honey ricordava soprattutto la dolcezza della madre, il caldo tepore che lei gli trasmetteva quando, con frenetica voracità, egli si attaccava alle sue mammelle succhiandone il latte saporito per poi lasciarsi andare ad un sonno beato. Oh, la sua mamma era davvero fantastica in tutto, pensava il piccolo tergendosi con la zampetta le lacrime che gli solcavano il musetto immalinconito. Sì, era stata proprio MOLTO coraggiosa: aveva rincorso quel vagabondo mentre tentava di intrufolarsi in casa la notte di Halloween. Incurante del pericolo, aveva cercato dapprima di dare l’allarme abbaiando con tutta la sua forza, quindi di affrontarlo direttamente, strattonandogli i calzoni per farlo desistere dai suoi brutti propositi; l’uomo però, con crudele determinazione, le si era rivoltato contro colpendola violentemente e ripetutamente con un bastone. La povera Sweet era rimasta a terra, agonizzante, fino al ritorno del padrone che, con lucida prontezza, aveva richiesto l’intervento del veterinario più capace, cercando intanto di soccorrerla come meglio poteva tamponandole il sangue dalle ferite. Quando però il dottor Giacobbi era arrivato, questi non aveva potuto che constatare la morte dell’animale.
Honey, rannicchiato nella sua cuccia, aveva assistito impotente alla tragica fine della mamma. Sconvolto e tremante, era fuggito.
Si sentiva davvero inerme ma avrebbe fatto il possibile per diventare presto forte e coraggioso. E nessun vagabondo gli avrebbe più fatto paura…
E il padre di Honey? – chiederete voi. Mamma un giorno gli aveva raccontato di lui e del loro grande amore. Lo chiamavano Blues ed era un magnifico esemplare di pastore tedesco dal lungo pelo colore del miele del tutto simile a quello del figlio; le aveva catturato il cuore in una notte di primavera, quando la luna in cielo era all’apice del suo splendore e la vallata risplendeva, ammantata d’erba fresca di rugiada. Da tutti, Blues veniva considerato uno scavezzacollo, sempre alla ricerca di nuove emozioni e di avventure. Fin dal loro primo incontro Sweet aveva capito che era uno spirito libero e che molto presto le avrebbe spezzato il cuore. Ciò nonostante, complice l’astro d’argento e la fragranza dei fiori, se ne era perdutamente innamorata.
Honey era venuto al mondo in una luminosa mattinata d’estate ed era subito rimasto incantato dal fantastico scorcio di mondo che gli si presentava dinanzi. Sì, la vita era davvero un dono meraviglioso! Sweet, estasiata dalla bellezza del cucciolo, mentre con la lingua gli puliva orgogliosa il musetto e il pelo arruffato, aveva pensato che il piccolo sembrava davvero aver ereditato il temperamento estroso e vivace del padre. Chissà in quale angolo del mondo ora si trovava il suo compagno… Forse, il sapere di avere un figlio lo avrebbe reso più saggio…
Honey continuava intanto il suo cammino dirigendosi verso la periferia. Allontanò da se’ ogni inutile rimpianto quindi, poiché già il cielo era infuocato dal tramonto, si pose a cercare rifugio per la notte. La fame lo attanagliava. In quelle ore egli aveva potuto soltanto dissetarsi alla fontana e rifocillarsi con un pezzo di pane raffermo che un bimbo aveva lasciato cadere a terra.
Verso sera incrociò certi brutti ceffi che lo presero di mira, stuzzicandolo e parlandogli di un negozio lì vicino pieno di ogni ben di Dio. Che diamine! Bisognava arrangiarsi e sopravvivere infine. Perché mai non li seguiva? Sarebbe stato loro sufficiente attendere che il macellaio chiudesse bottega; avrebbero avuto agio e tempo per entrare dal retro e riempirsi la pancia con le carni più prelibate.
Ma Honey, sconcertato dal singolare incontro, se ne era fuggito, incurante delle loro risate sguaiate. Aveva cercato di non ascoltare il brontolio del pancino e di darsi un contegno; Sweet e Blues non sarebbero certo stati contenti se avessero saputo che elemosinava avanzi di cibo mischiandosi a loschi tipi oppure, addirittura, che rubava! Desiderava sentirsi degno di loro e presentarsi ovunque con il pelo pulito e ben pettinato e la coscienza limpida. Il padre era un artista scanzonato e sognatore ma non certo un delinquente! Entrò in uno scuro androne e si sentì l’acquolina in bocca nell’annusare gli odori appetitosi di una cucina dello stabile. Suvvia! Avrebbe riempito lo stomaco non appena avesse trovato un lavoro dignitoso con il quale mantenersi senza problemi.
Sognava di diventare una star del circo, oppure un valente cane poliziotto…
Intanto, per non ascoltare la fame, iniziò un’accurata toilette. Il suo pelo, prima così soffice e dorato, era ora sporco ed arruffato all’inverosimile ed anche le zampette gli si erano insudiciate con il fango delle pozzanghere. La sua linguetta ruvida lavorava alacremente tanto che, ben presto, il piccolo si sentì nuovamente presentabile. Quasi subito si addormentò, spossato dai dolorosi avvenimenti delle ultime ore.


Di lì a poco si riscosse sentendo una carezza lieve sul musetto. Ad un secondo dolce tocco, Honey aprì dapprima un occhio, poi l’altro e… chi poteva mai essere quel bimbo che lo guardava con tanta simpatia? Lo osservò con attenzione: no, non aveva certo cattive intenzioni. Era pulito e ben pettinato, con una giacchina a quadri abbottonata forse in maniera poco ortodossa ma senz’altro di buona fattura. I pantaloncini a mezza gamba gli conferivano l’aria di un piccolo montanaro. Ma i suoi occhi... che strano! Parevano spenti e contrastavano con il calore del suo sorriso. Si era accoccolato accanto al cagnolino stringendolo con tenerezza e, dopo avergli scoccato un bacio sul nasino, aveva cominciato a parlargli: “Quando sono inciampato in un batuffolo di pelo ne son stato sicuro! Quanto bene mi vogliono mamma e papà! Allora avevano indovinato qual’è il mio desiderio più grande… Tu starai sempre con me, vero? E mi aiuterai ad andare a scuola, ad attraversare la strada, a non inciampare per le scale… Ora i miei occhi vedranno attraverso i tuoi, vero? E quanto sei soffice! Si, tu sarai il mio grande amico e non mi staccherò più da te. Mamma, mammina, babbo, papino, presto! È arrivato il mio regalo di Natale!”
Una porta si spalancò all’improvviso e vi si affacciarono un’uomo e una donna dal volto preoccupato, gli occhi lucidi ed arrossati.
“Michele, Michelino, dove ti eri nascosto? Lo sai che non devi spaventarci così ma… e quel cucciolo? È un pastore tedesco… Non l’avrai rubato a qualcuno, vero, Michele?”
Il piccino scoppiò in una risata liberatoria e, aggrappandosi allo scorrimano salì piano le scale, ben attento a dove metteva i piedi. “Ma che dici, mammina? Era qui, e mi aspettava. È l’amico che ho sempre desiderato. Non vedo l’ora di andare a scuola con lui per farlo conoscere a tutti i miei compagni. Io so che non mi abbandonerà mai, che starà sempre accanto a me”.
Honey, quasi avesse compreso, gli si strofinò addosso. Sembrava capire che quel piccino aveva assoluto bisogno della sua amicizia. Quando furono nella stanza, lo colpì il prelibato profumo di cibo che già lo aveva solleticato nel seminterrato. Si strusciò contro le gambe della donna e lei, dopo aver fatto sedere il figlio e avergli servito un piatto colmo di polenta e spezzatino, si dedicò al cucciolo che sempre le stava appresso. Ed ecco già pronta, anche per l’amico a quattro zampe, una ciotola di latte ed un piattino ben ricolmo di cose buone! Lascio a voi immaginare con quale voracità Honey si gettò sul cibo… Era tutto così buono e quella casa così accogliente gli rammentava il calore che lo aveva circondato nei suoi primi mesi di vita.
“Anche il cucciolo non scherza, in quanto ad appetito!” – affermò allegra la mamma di Michelino rimirando piatti e ciotola tirati quasi a specchio. “E va bene – continuò rivolta al marito – questo arrivo inaspettato può essere la risposta alle nostre preghiere. Ma ricordati Michelino, dovrete prendervi cura l’uno dell’altro ed ubbidire, altrimenti nulla potrà scusarvi se ne approfitterete combinando qualche guaio, capito?”
Il piccolo assentì, rise felice ed abbraccio con entusiasmo mamma e papà. Quale ultimo regalo, chiese di poter avere un bel guinzaglio colorato per andarsene in giro con il suo fedele amico. Infine, preso dalla commozione, strinse forte a sé il cucciolo e gli sussurrò: “Fammi capire, ti prego, se anche tu sei felice di starmi accanto”!
Honey si rizzò prontamente sulle zampette leccandogli più volte, con tenerezza, le manine protese.
Era sicuro che mamma Sweet e papà Blues sarebbero stati contenti del compito che in quel momento si era assunto: diventare amico di un bambino cieco ed aiutarlo a crescere, vivendo con gioia ogni momento che la vita gli avrebbe regalato. Sì, questo proposito era davvero molto, MOLTO importante.