Nezami

ROMA, 18 Settembre 2004
Conferenza del Prof. Michele Bernardini
La Narrazione come terapia nella letteratura persiana

Tratto dal sito: www.dialoghi.it


Il Romanzo di cui si parlerà:

L’oggetto di questa comunicazione è una tipologia letteraria, che intermini generali si può chiamare “romanzo a cornice” e più nello specifico “Bahrameide”, ovvero storia del pensiero persiano “Bahram Gur” (“Marte / Il cacciatore di Onagri”), è sovrano realmente esistito nel V secolo d.c. e qui trasposto in chiave leggendaria.
A questa tradizione letteraria si rifaranno le “Mille e una Notte”, in una versione più tarda (sec. XV).

Cosa è un “Romanzo a Cornice”:

Il romanzo a cornice è una storia che ne include altre al suo interno.
Ovvero una storia che attraverso passaggi formali e tecnici di vario tipo, ne include delle altre in un insieme compiuto. Tale struttura può in parte condizionare l’intero assunto dell’opera, nel senso che può condizionare l’intero assunto dell’opera, nel senso che può anche forzare elementi narrativi in direzione di una unitarietà narrativa coerente.

Alcune parole chiave 1: natura esplicita della narrazione - reticenza

La letteratura persiana riflette la realtà storica in cui viene prodotta.
Una realtà che è caratterizzata da cesure drammatiche: l’invasione di Alessandro Magno, l’invasione arabo-mussulmana, l’invasione mongola.
La reazione a questi eventi è stata sempre quella di ricostruire la propria “identità” culturale attraverso il silenzio (generalmente un paio di secoli), con relativa scomparsa e ricomparsa della lingua con nuove scritture e addirittura nuove modalità nell’uso della grammatica e della lingua.
La “reticenza” è perciò strumento fondamentale di preservazione, essa consiste nella dissimulazione, fatto che ha risvolti nella dottrina religiosa manichea e poi anche in quella islamica dove la pratica della “taqiyya” ovvero del nascondere il proprio credo è strumento fondamentale per la conservazione della fede e dell’identità stessa.

Alcune parole chiave 2: Letteratura immobile e ripetitiva?


La critica convenzionale che questa sia una letteratura immobile e barocca va oggi riletta facendo molta attenzione alla storia.
Bisogna però anche aver presente il carattere ipersimbolico di questa grande tradizione espressiva.
I simboli mediano complesse realtà e perciò sono espressi attraverso “corridoi” letterari spesso con un complesso apparato metaforico

Alcune parole chiave 3: la percezione dell’aspetto terapico


In questo quadro la narrazione come terapia è percepita da epoche molto remote:
Avicenna, poligrafico mussulmano del secolo XI, nel suo Canone, enuncia una profonda rivoluzione della percezione del concetto di malattia mentale, introducendo le categorie come la psicosomatica e un’analisi dei comporti come elemento fondante dello studio dei disturbi mentali.
Nel medioevo e islamico sono molti gli ospedali che si dedicano alla cura della malattia mentale: Aleppo, Divigi, Baghdad ed Edirne.
Non manca la confluenza di elementi indiani, greci e persiani, che saranno poi introdotti in Occidente, dove il Canone di Avicenna sarà usato in molto ospedali europei sino al secolo XVIII.
La narrazione insieme alla musica sembra essere stata tecnica terapica adottata da epoche remore.

I poeti di cui parleremo:


Le opere che qui trattiamo coprono un arco cronologico che va dal secolo XIII al XV.
Gli autori provengono da diverse aree del mondo persefono:
Nezami di Ganjé, che introduce il genere di cui si parlerà, realizza la sua opera in Azerbajjan poco prima dell’avvento dei mongoli (inizio del secolo XIII), Amir Khosrow di Delhi, scrive nel secolo XIV, Hateli è un autore dell’Iran Orientale (XVI secolo)

Le Opere:

Tutti queste autori, nell’affrontare il ciclo del re Bahram, sono consapevoli, del ruolo che la narrazione ha come terapia.
Ciò fa parte dei requisiti che uno scrittore deve avere.
Si tratta sempre di romanzi nei quali a una novella principale, caratterizzata dal “trauma” subito dal re, segue la narrazione sette storie “terapiche”, rispondente ognuna ad un complesso percorso, in cui hanno peso aspetti cosmologici, cromatici etc., tipici della visione medioevale islamico-orientale del mondo e anch’essi parte integrante del bagaglio dello scrittore medievale.

La novella cornice:

Novella cardine dei cicli narrativi è la storia della caccia di re Bahram in compagnia della sua ancella/schiava.
Il re è un campione nell’arte della caccia:
compie prodigi venatori e di fronte alla sfida della ancella che lo invita a compiere un atto di notevole destrezza, ovvero il re con abile stratagemma supera la prova.
Dopo aver chiesto alla ancella di lodarlo per la sua azione, riceve da lei una risposta insoddisfacente:
“non di abilità soprannaturale si tratta, ma di semplice esercizio”.
Chiunque praticando l’esercizio può compiere un simile gesto. Il re si infuria e decide di uccidere l’ancella.
L’ancella però non muore e si “trascina” ferita fuori dal campo narrativo
Convinto di aver commesso l’omicidio, il re entra in un secondo tempo in un violento stata depressivo.
Per curarlo si suoi ministri allestiscono dei veri propri padiglioni terapeutici.

La caccia come rappresentazione della propria identità:

Il tema della caccia non è una novità sicuramente. Già Senofonte descrive nella Ciropedia la “smania” del re Ciro a compiere attività venatoria.
Una smania giustificata da Senofonte come elemento della paideia, ovvero ammaestramento all’arte della guerra.
In fonti più recenti (Ferdowsi, sec. X-XI), la caccia è gesto arbitrario che dimostra l’invincibilità del re, peraltro spesso raffigurato nell’atto di combattere da solo contro un leone o un drago, seguendo tradizioni remote nel tempo.
Le tecniche e l’arte stessa di cacciare sono elementi pertinenti alla vita di un re: non si caccia per mangiare, quanto per affermare un principio di potere assoluto e dominio incontrastato sulle forze avverse.
Questo procedimento muta con l’avvento dell’Islam.
Se nell’opera di Ferdowsi l’uccisione dell’ancella rimane fatto isolato, nelle opere successive subentra l’elemento del pentimento del re.
Il sovrano preislamico è un re arbitrario, che avversa la pietà umana come segno di debolezza.
È un re che pratica l’esercizio della potenza e del potere in termini aristocratici e distaccati dal mondo. Con l’avvento dell’Islam l’elezione di un Dio arbitrario che sostituisce evidentemente il re, diminuisce radicalmente il potenziale di quest’ultimo. Egli dunque è soggetto a ripensamento e melanconia, per usare un termine medievale. In realtà è un insonne, impotente e incapace di reagire allo stimolo umano proprio per la schizofrenica mutazione del proprio stato.

L’ancella:

In tal senso l’ancella riflette l’apparizione di una nuova classe sociale: ne è esempio eloquente il nome che gli autori le attribuiscono, Azade, “libera”, Fetne, “tumulto sociale”, Ashub, “sedizione”.
Essa contrappone le sue abilità a quelle del re. In una società profondamente mutata, tali abilità sono di tipo artigianale, ognuna di queste ancelle è dotata di un’arte e fa ricorso ad artisti ed artigiani specializzati provenienti dal contesto urbano.

Una borghesia florida:

La letteratura persiana avverte nel profondo il mutamento della società: l’esaltazione delle ancelle come personaggi come portatori di capacità pratiche contro l’oramai astratto potere del re, riflette una complessa riorganizzazione dello stato che proprio nel XII sec. Ha il suo apogeo.
Lo stesso palazzo reale, non è più il centro delle città medievali persiane, esso è stato sostituito dalla grande moschea attorno alla quale ruotano i mercati.
Qui opera una florida borghesia che presta volentieri denaro ai sovrani per poter compiere le loro imprese militari.
Questa borghesia custodisce le proprie arti gelosamente e le contrappone a quelle dei governanti (la caccia).

Il pozzo sacro:


In questo contesto cittadino operano delle corporazioni che costituiscono un modello etico basato su un codice di comportamento molto rigoroso cui spesso è stata accostata la cavalleria.
È un codice che prevede l’esaltazione di categorie come quella della “fratellanza”, la “solidarietà”, il mutuo soccorso.
Si interviene nei confronti dei meno abbienti e si agisce in termini profondamente anti aristocratici, rifiutando i re che agiscono in forma arbitraria; a loro si contrappongono atteggiamenti umanamente sobri.
Molti arrivano a concepire la povertà estrema e l’ascetismo come una reazione logica contro l’opulenza.
Essi compiono azioni apparentemente sconsiderate per allontanarsi dal mondo terreno e avvicinarsi a Dio.

Il paradiso:

Per curare il re depresso i ministri decidono di convocare sette narratrici provenienti da sette climi del mondo: ogni giorno della settimana esse narreranno una storia diversa, al fine di ottenere la guarigione del re.
I padiglioni dove esse alloggeranno vengono collocati in un giardino, il paradiso, nella accezione medioevale persiana, ovvero in un ambito privato recintato (paradeiza, significa “recinto” in antico persiano); lì, per curarsi, il re si aliena dal mondo.
Alla floridità di questo parco si contrappone l’orrore del caos all’esterno, dove abitano demoni e fiere.
Più avanti questa tipologia diventa un modello dei padiglioni reali, i c.d. padiglioni dei sette paradisi, dove il re appunto si rilassa in compagnia delle sue donne.

La terapia:

L’obiettivo dei ministri è quello di curare il re, ricostruendo attraverso la narrazione la sua capacità di elaborare l’esperienza emotiva.
Il letterato, perciò, introduce sette novelle in cui sono cristallizzati dei momenti emotivi specifici.
Le storie seguono una progressione che corrisponde alla vicenda umana, ovvero dalla giovinezza alla vecchiaia.
Alla fine do ogni storia si unisce sessualmente con un’ancella, superando la propria impotenza.

Le storie:

Al fine di ottenere un pieno successo in questa progressione, le storie corrispondono ognuna a un giorno della settimana, a un pianeta, un clima terrestre, una sostanza:

Sabato, ambra animale/ saturno/ nero/ India
Domenica, giallo/ zafferano/ oro/ luna/ Bisanzio
Lunedì, verde/ smeraldo/ venere/ Corasmia
Martedì, rosso/ rubino/ marte/ Slavonia-Russia-Bulgaria
Mercoledì, turchese (anche la gemma)/ mercurio/ Occidente
Giovedì, sandalo (anche come sostanza)/ giove/ Cina
Venerdì, bianco/ avorio/ sole/ Iran


La prima giornata di terapia: Sabato, ambra animale/ saturno/ nero/ India

In quasi tutte le bahrameidi la prima storia è caratterizzata dalla figura di un giovane, essa anzi illustra i danni provocati a se stessi dall’inesperienza e dall’incontinenza. Peraltro la tradizione di questa storia può essere fatta risalire a un modello assai antico già presente nel Panchatantra (il Pentateuco letterario indiano) che si chiama appunto i “Pericoli della vita”.
Questa storia sicuramente si riferisce a un episodio dell’adolescenza, o più precisamente al passaggio dall’adolescenza all’età adulta: in essa vi è il tema della “scoperta della disperazione”, un tema di frequente presente in molta lettura sapienziale persiana.
Il veicolo narrativo è quello del sogno inteso come abisso, o caduta nel pozzo attraverso il quale il protagonista raggiunge l’estremo opposto del mondo, ovvero una terra ideale irraggiungibile di per sé se non attraverso il sogno: in altre parole, un luogo virtuale e fittizio utile a creare una situazione paradigmatica, quella della scoperta stessa della sessualità, intesa molte volte in termini traumatici.
Come il re, un giovane principe va a caccia di onagri.
Il ragazzo, perdutosi dai compagni, incontra un asceta dal carattere ruvido che .
Il vecchio fa compiere al giovane un viaggio nell’aldilà. Solo dopo aver scoperto il rifiuto di una regina che abita un palazzo pieno di donne bellissime, il giovane scopre la propria inadeguatezza e il rifiuto, ritornando alla realtà, ovvero uscendo dal pozzo e iniziando un percorso di solitudine e dolore.

Seconda giornata di terapia: Domenica, giallo/ zafferano/ oro/ luna/ Bisanzio


Questa storia è legata a un orafo, il cui figlio si innamora perdutamente di una figlia del re di Isfahan, che dopo averlo visto una seconda volta cade anche lei preda di una violenta passione.
Il giovane comincia a spiare il castello della amata, alla quale invia complessi enigmi che lei risolve, ribattendo a sua volta con rebus e sciarade.
La storia è caratterizzata dalla scoperta delle sostanze da parte del giovane.
A differenza della precedente il giovane, costretto a viaggiare per dimenticare, individua il rimedio alla propria sofferenza.
In questa storia compaiono anche gli “espedienti” con il quale un figlio di un artigiano esce dal disagio della difficoltà esistenziale determinata dall’amore: non a caso è innamorato della figlia di un re.
Il giovane, cioè, si adopera a compiere azioni complesse grazie anche al fatto che si separa dal padre, in termini di rappresentazione egli si adopera a conseguire i propri fini attraverso l’esercizio che qui viene valorizzato come virtù.

Terza giornata di terapia: Lunedì, verde/ smeraldo/ venere/ Corasmia

Storia della separazione di moglie e marito. La storia del lunedì riprende una tradizione celebrata relativamente alla separazione tra moglie e marito, presente peraltro nelle mille e una notte, e in alcune varianti acquista toni veramente drammatici, introducendo il tema del tradimento.
Tra le più intense, questa storia enuncia i problemi della caduta in disgrazia, perdita dei propri averi, abbandono della moglie e tradimento e la via per superarli.
In un crescendo la narrazione qui vede un protagonista di età matura che subisce le follie del fato e ricava da eventi negativi dei successi: tale è il tradimento stesso della moglie, tale è indossare vesti rubate.
Il rapporto fra padre e figlio vede nella catarsi finale anche il profondo senso del ribaltamento delle proprie condizioni.
In termini islamici la casualità dell’esistenza è all’origine di inimmaginabili fortune.

Quarta giornata di terapia: Martedì, rosso/ rubino/ marte/ Slavonia-Russia-Bulgaria


Questa storia giunse in occidente, grazie a Gozzi, col nome della Turandot ( Turan-Dokht ragazza del Turan, terra dell’Asia centrale, Russia Turkestan).
In Nezami essa è la prima testimonianza del genere.
Un re non riesce a far sposare la propria intelligentissima figlia.
Questa pone tutti gli ostacoli possibili ai pretendenti, arrivando a ucciderli e a costruire delle mura con le loro teste.
Alla fine però giunge un giovane che “doma” la ragazza.
La storia ancora tratta in sostanza il rapporto tra magia ed esperienza, ma anche tra capacità personale e ineluttabilità del fato.
Questa sorta di bisbetica domata, rappresenta in maniera tangibile gli ostacoli che la propria psiche pone a qualcosa di trascendente, rilevando come solo esperienza può portare al compimento ragionevole di un progetto esistenziale. La donna rifiuta le cure del padre cui oppone la propria intelligenza.

Quinta giornata di terapia: Mercoledì, turchese (anche la gemma)/ mercurio/ Occidente


Questa è la storia dell’amore riflesso, incentrata sul tema della specularità e della reciprocità.
È tra le più “medioevali”, vedendo nella simmetria delle azioni umane una plausibile soluzione dei problemi esistenziali: essa attesta della percezione di tipo galenico, in cui gli elementi riflettono corrispondenze astratte frutto della associazione simpatica degli elementi.

Sesta giornata di terapia: Giovedì, sandalo (anche come sostanza)/ giove/ Cina


La storia del giovedì è giunta in occidente dove essa ebbe successo come motivo di ispirazione della tradizione illuministica, che sottostà attraverso Walpole alla scrittura “investigativa”.
Proprio in uno dei romanzi medioevali qui in questione compare la storia della figlia del re di Serendippo, da cui “serendipity” termine con il quale si individua l’arte della indagine a fini giudiziari.
Ricca di elementi narrativi di estrema vitalità, molti discorsi diretti, vere e proprie scene teatrali, questa novella è la mia preferita tra tutte: da un punto di vista psicologico essa induce a pensare che la coerenza di una riflessione, sia un elemento fondamentale di indagine.
L’investigazione costituisce un vero e proprio processo analitico in cui tre giovani collegano gli elementi per giungere a conclusioni razionali.
Il ricorso alla magia di una parte della loro rivale, ne riduce sul piano pratico l’efficacia: di fronte alla sagacia dei giovani, la vecchia ha una crisi e si deve confessare riabilitando persone che altrimenti sarebbero state ingiustamente unite.

Settimo giorno di terapia: Venerdì, bianco/ avorio/ sole/ Iran


In questa ultima novella, il re viene messo in guardia dai pericoli reali cui sta andando incontro, come si vedrà nell’epilogo dell’intera storia di Bahram.
Un re giusto e leale a Bagdad aveva un ministro sciagurato che ordiva trame a sua insaputa. Allontanatosi per la caccia il re, il ministro si unì alla sua sposa prediletta, presto il re scopre la tresca.
Di tutte le storie questa è forse la più complessa: da un lato anticipa il tema del re che, allontanandosi dalla caccia, lascia il regno nel Caos. La stessa terapia di Bahram consente a un suo ministro di rovinare il regno mentre il re è distante.
Ma forse, ancor più interessante è il passaggio in cui viene enunciata la terapia stessa, un vero e proprio castone all’interno della storia: il re infatti si rivolge a un suo ministro dicendogli: “Sono afflitto dalla ruota del destino, riempimi l’anima con un discorso per un istante” esemplificando la tecnica della terapia.
Finisce così il ciclo di Bahram di Gur.
Poco dopo l’ultima storia il re scompare dalla scena e muore in maniera misteriosa, mentre il suo regno crolla.
Questa visione del mondo prevede l’ineluttabile dualismo tra forze contrapposte.
Questi due elementi devono necessariamente compresenti per permettere la realizzazione della storia e della vita umana.
Non di fatalismo si tratta, ma di dualismo “ontico” come è stato giustamente definito.