Farsi – la lingua persiana di Pirooz
Il Farsi, o neopersiano, appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee, ramo shatan del gruppo indoiranico, comprendente lo slavo, l’armeno e il lettone-lituano.


Il Farsi si è formato come lingua autonoma circa milleottocento anni fa, anche se ancora è dibattuta la tesi che ipotizza un suo sviluppo autonomo sin dal 1.400 AC, quando l’Avesta (il libro sacro dello Zoroastrismo) sarebbe stata composta in iranico orientale e scritta con lettere d’oro su pelle di bue.
Lo sviluppo della lingua iraniana ha dovuto fare i conti con due avvenimenti che ne hanno condizionato l’evoluzione: il primo e più traumatico, la dominazione araba, ha comportato l’adozione della scrittura e di moltissimi vocaboli arabi sin dalla fine del 7° secolo.
A questo dominio si è sostituito, nel secolo scorso, quello delle potenze europee di Gran Bretagna, Russia, Francia e Germania, queste ultime due in veste di partner per lo sviluppo del paese alternative alle potenze dominanti; in conseguenza di ciò il farsi ha ricevuto massicci prestiti lessicali europei, in special modo per indicare oggetti e concetti moderni.
Ciononostante la lingua in uso oggi è sostanzialmente la medesima di quella dei grandi capolavori dell’età aurea. Gran parte del merito del consolidamento del Farsi è da attribuire al poeta Firdusi che, nel suo poema epico più conosciuto, lo Shahnameh, lungo otto volte l’Iliade, eliminò ogni vocabolo estraneo contribuendo a consolidare il più ampio vocabolario persiano ancor’oggi disponibile.
Anche la rivoluzione khomeinista ha avviato un’opera di progressiva sostituzione dei termini arabi ed europei con termini ripresi dal farsi codificato dagli autori classici e la creazione di nuovi vocaboli tramite la giustapposizione di coppie di sostantivi.
In questo modo viene denominato anche ciò che nel passato non esisteva; ad esempio il termine “khodro”, automobile, prima tradotto in “otomobil” o “mashin”, oggi è formato dall’unione del pronome riflessivo “khod” (sé stesso) e dalla radice “ro” che indica il movimento.
I nuovi termini si diffondono per lo più grazie all’adozione spontanea da parte di scrittori, giornalisti e intellettuali in genere. Ma anche la popolazione contribuisce al processo evolutivo tramite un apposito programma televisivo settimanale nel quale è invitata a proporre innovazioni che ritiene efficaci.
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