Angelo Michele Piemontese, La letteratura italiana in Persia, Memorie dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 2003.

Il lavoro si configura come un esauriente rapporto documentale sulla conoscenza della letteratura italiana in Iran. L'opera è suddivisa in cinque parti: una rappresentazione della situazione attuale, politica e culturale dell'Iran; una rassegna sulla fortune delle opere letterarie italiane in Iran dal XVII secolo ad oggi; una presentazione di studiosi persiani eminenti, critici letterari e saggisti interessati alla letteratura italiana; una ricognizione dei traduttori di opere italiane; una bibliografia suddivisa per antologie, storie della letteratura, singoli autori e singole opere.
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Piemontese, Angelo Michele

Ordinario di Lingua e letteratura persiana nella Facoltà di Studi orientali dell'Università di Roma “La Sapienza”. Le linee principali delle sue ricerche concernono codicologia, comunicazione dei testi, letteratura comparata, storia degli studi. È autore di numerosi scritti, tra i quali Storia della letteratura persiana (1970, 1986) e La letteratura italiana in Persia.

“Ah! Ah! Il signore è persiano! E’ una cosa ben straordinaria! Come si può essere persiani?” faceva esclamare ironicamente Montesquieu ai francesi che incontravano un visitatore del grande paese asiatico. Un esotismo duro a morire ci fa ancora immaginare gli “orientali” prigionieri di un mondo di favola, tutt’al più passato dagli stereotipi dei tappeti volanti e delle lampade magiche a quello, non meno irrealistico, delle locandine delle agenzie di viaggio. I fermenti e le dinamiche interne di gran parte delle nazioni di interi continenti ci restano sostanzialmente ignote, a dispetto dell’apparente abbondanza di informazioni di cui ci sommergono strumenti di comunicazione sempre più sofisticati e pervasivi. Gli echi delle guerre e delle rivoluzioni che in tal modo ci giungono, sono prevalentemente fragorosi quanto il proverbiale albero che cade, fatalmente più rumoroso della foresta che cresce in silenzio. L’autore di questa densa memoria, forte di una conoscenza diretta e approfondita della cultura iraniana, investiga un settore che meriterebbe in generale maggiore attenzione. Cosa conoscono della nostra letteratura i persiani? Ma una simile domanda sarebbe bene porsela anche relativamente ad arabi e turchi, indiani e cinesi... e non son tutte rose e fiori. Basti pensare che il Rapporto sullo sviluppo umano nel mondo arabo, pubblicato nel 2003 dall’Onu, rilevava che negli ultimi dieci secoli
sono stati tradotti in arabo solo centomila titoli, vale a dire quanti ne vengono attualmente tradotti in Spagna in un solo anno! E’ dunque una piacevole sorpresa scoprire che l’Iran, anche post-rivoluzionario, non è soltanto il paese in cui Khomeini ha emesso la celebre fatwa che condannava a morte Salman Rushdie, ma anche un luogo ove si traducono La Vita Nuova di Dante, Novecento di Baricco, Liberalismo e democrazia di Bobbio, Il deserto dei Tartari di Buzzati e poi Calvino, Collodi, Deledda, Eco, Fo, Ginzburg, Goldoni, Gramsci, Guareschi, Malaparte, Moravia, Pavese, Pellico, Pirandello, Rodari, Sciascia, Silone, Tabucchi, Tamaro, Tomasi di Lampedusa, Vittorini... per dirne solo alcuni quasi a caso. Nell’era monarchica già erano presenti classici quali non solo Boccaccio e Petrarca, ma anche Leonardo e Machiavelli, poi molti poeti anche moderni, da D’Annunzio ai grandi nomi dell’ermetismo. Se pensiamo che le traduzioni italiane di narrativa araba moderna, dall’inizio del secolo fino al 1988, erano state poco più di una ventina, c’è di che riflettere. E’ pur vero che dopo quella data, corrispondente all’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura all’egiziano Nagib Mahfuz, hanno rapidamente superato il centinaio, ma molto resta ancora da fare. Quando gli stranieri pensano che gli italiani siano soltanto presi a seguire il calcio o a mangiare spaghetti, giustamente ci adombriamo. Sarebbe bene che cominciassimo a non considerare tutti i musulmani sempre immersi nella preghiera o intenti a preparare attentati. Compresa Oriana Fallaci, tra le più note in Iran, che non ha esitato a dar sfogo a tutto il suo comprensibile ma un po’ eccessivo sdegno dopo l’11 settembre. Le centinaia di migliaia di lettori che hanno condiviso la sua “rabbia”, mettano da parte un momento il proprio “orgoglio” e abbiano l’umiltà di sfogliare anche questo libro. Scopriranno un paese fatto soprattutto di giovani, avidi di conoscere, forse migliori di molti dei nostri, inconsapevoli vittime di troppo enessere.
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