Farideh Mahdavi Damghani

Farideh: “A Ravenna mi sento veramente a casa mia”
di Elisa Bianchini
LA TRADUTTRICE PERSIANA FARIDEH MAHDAVI-DAMGHANI HA RICEVUTO LA CITTADINANZA ONORARIA DI RAVENNA, PRIMA DONNA A RICEVERE TALE ONORIFICENZA PER MERITI CULTURALI.
Fonte.La Piazza n.6 del 24 marzo 2005


“Dal primo momento in cui sono arrivata a Ravenna, uscendo dalla stazione, ho sentito questo amore, questa sensazione di conoscenza, di avere già conosciuto questa città, non so quando, non so per quale ragione, non so dove. Non so quando, non so dove ti ho visto e ti ho amato, cantava Johnny Mathis. E Ravenna è così per me”
Ravenna conta da qualche giorno una nuova cittadina onoraria, proveniente dalla Persia. Durante una seduta straordinaria del consiglio comunale, tenutasi alla Sala Corelli del Teatro Alighieri martedì 8 marzo, la traduttrice persiana Farideh Mahdavi-Damghani ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Ravenna, prima donna a ricevere tale onorificenza per meriti culturali. Farideh Mahdavi-Damghani è infatti una appassionata e raffinata cultrice della nostra produzione letteraria, e in particolare dell’opera di Dante, di cui ha tradotto in persiano La vita nova e la Divina Commedia. Una donna di grande gentilezza e modestia, che sente tuttavia forte e imprescindibile la propria missione di divulgazione della cultura occidentale in Oriente. Missione che si pone come obiettivo la reciproca conoscenza di paesi e culture diversi ma non per questo inconciliabili. L’abbiamo incontrata, grazie alla collaborazione del presidente del Centro Relazioni Culturali di Ravenna Walter Della Monica, per conoscere il suo lavoro e il suo amore per la nostra città.
Lei ha detto “Ravenna è una città di pace per la mia anima, dolci memorie che sono fuori tempo e spazio e mi fanno sempre pensare: ecco, sono nella mia città”.
Come è nato questo legame con la nostra città?
“La prima volta che sono venuta qui mi sono sentita veramente a casa mia. Non posso spiegare questo sentimento: a volte nella vita di una persona che vive di emozioni ci sono sentimenti più forti. Un medico, per esempio, ha più bisogno di razionalità, ma una persona che vive e lavora con la penna vede le cose un po’ diversamente. Dal primo momento in cui sono arrivata a Ravenna, uscendo dalla stazione, ho sentito questo amore, questa sensazione di conoscenza, di avere già conosciuto questa città, non so quando, non so per quale ragione, non so dove. Non so quando, non so dove ti ho visto e ti ho amato, cantava Johnny Mathis. E Ravenna è così per me.”
Ravenna viene spesso definita “porta d’Oriente”: quale immagine si avverte, venendo appunto da Oriente?
“Da quando ho avuto l’onore di conoscere Ravenna e di avere potuto, con l’aiuto divino e di questi poeti, produrre questo lavoro con il signor Walter Della Monica, con la sua collaborazione e il suo insegnamento, vedo che il pubblico persiano comincia a conoscere questa città. La gente in Persia non conosceva Ravenna, non sapeva che è la città in cui è sepolto Dante, ma vedendo tutto quello che io amo fare per questa città, leggendo le mie traduzioni, il pubblico persiano ora conosce Ravenna. C’è questo paradosso: siamo lontani dal punto di vista culturale, ma nello stesso tempo siamo molto vicini: le credenze sulla famiglia, sull’emotività, sull’amore per la poesia e la letteratura, cose primordiali che forse per altri paesi hanno minore importanza, sono molto simili in Italia e in Persia. Quindi si può dire che gli italiani somigliano ai persiani.”
Lei pensa che il lavoro di traduzione sia un modo per avvicinare due culture?
“Sicuramente. Su questo sono molto ferma: io mi vedo come una persona che ha ricevuto questa missione. Penso che la mia anima ha deciso di venire sulla terra per compiere qualche missione. Una di queste è divulgare la cultura e la letteratura dell’Occidente presso i miei lettori persiani e orientali. Far conoscere Dante, Petrarca, Leopardi, Montale, Ungaretti, è come costruire un ponte che avvicina le culture.
Più conosciamo gli altri paesi, più questi possono conoscerci: ora ci sarà un maggiore interesse a conoscere qualcosa in più della Persia, a capire cosa succede in questo paese, che sembra chiuso e nascosto. Ma non è così: siamo un popolo entusiasta, molto ospitale, e non vediamo l’ora di ricevere gli italiani in Persia.”
Ha pensato anche di tradurre in italiano opere della letteratura persiana?
“Certo. È un progetto che abbiamo da molti anni col signor Della Monica. Tra due o tre anni avremo la possibilità di iniziare, dopo che avrò terminato le traduzioni dall’italiano. Abbiamo intenzione di realizzare un’antologia di poeti persiani, dal decimo secolo fino ai contemporanei, per cominciare a far conoscere la poesia persiana, e soprattutto i testi mistici, che sono di una bellezza straordinaria. E per far conoscere un poco anche le credenze islamiche, che qui sono spesso sconosciute. Si pensa che la posizione della donna, ad esempio, sia totalmente sottomessa e che ci siano tante ingiustizie nei suoi confronti, quando il Corano riconosce alla donna la libertà di decidere della propria vita, se lavorare o meno, se sposarsi, se avere figli. Bisogna distinguere le leggi e le prescrizioni religiose dal fanatismo. Vorrei tradurre qualche testo mistico sciita, la religione persiana, per divulgare le nostre credenze. C’è bisogno di capirsi con rispetto e cortesia, con una tolleranza accompagnata da simpatia e affezione”.
Qual è la situazione culturale nel suo paese?
“Siamo in un periodo molto fiorente per la cultura persiana: ci sono moltissimi editori, si stanno pubblicando molti libri contemporanei, testi di filosofia, di politica, di storia. Si sta facendo un lavoro serio, anche se siamo poveri dal punto di vista dei testi antichi e medievali.
Questi testi non sono mai stati tradotti, perché i primi traduttori persiani affrontavano questo lavoro come hobby, traducendo i libri che interessavano loro, come Victor Hugo, Balzac, Dickens, senza interessarsi ad una ricostruzione storica scientifica della letteratura. Io mi sono data la missione di tradurre questi testi, di diffonderli: ho tradotto Tristano e Isotta, La Chanson de Roland, e sto affrontando I racconti di Canterbury. Vorrei poi potermi dedicare anche a testi classici, alle poesie di Catullo, Orazio, Virgilio, Saffo”.