L’AMORE NON HA CONFINI
Racconto di Pirooz

Finalmente avevo terminato il liceo e quindi sfogliavo pensieroso la “guida dello studente” per decidere quale facoltà avrei scelto. Ma quel che nella mia mente si affacciava era l’immagine della divisa della Marina Militare. Quindi dopo aver convinto la mia famiglia mi iscrissi all’Accademia Militare. Quattro anni a studiar sodo ed infine la laurea, ma non solo vinsi una borsa di studio che mi avrebbe portato per tre anni in Italia per un corso triennale dal quale ne sarei uscito con una specializzazione che nel mio paese non c’era: pilota di Hover Craft.

Arrivai con la nave e con altri undici miei compagni provenienti anch’essi dal Golfo Persico nel porto di Livorno, beninteso dopo aver firmato una dichiarazione con l’obbligo di rientro a fine corso nelle nostre nazioni d’origine e con la clausola che non avremmo potuto contrarre matrimonio sul suolo italiano con una cittadina italiana.
Iniziammo subito dopo esserci sistemati negli alloggi a noi destinati, il corso intensivo di lingua italiana che durava quattro mesi per poi essere inseriti insieme agli altri compagni provenienti da altre aree del mondo, con gli ufficiali italiani al corso effettivo di piloti di Hover Craft.
Livorno era una gran bella città, vedevo dal terrazzino della stanza che dividevo con Ahmad le persone che passeggiavano, abiti colorati, bambini con grandi cono gelato.
Alle otto del mattino iniziavano le lezioni il mio compagno di banco era un livornese di nome Sandro, alto, magro con furbi occhi neri, un compagnone con un grande cuore. Stringemmo quasi subito amicizia e fu lui a farmi conoscere la sua città, le vie, i localini frequentati dai giovani, la moda italiana e tante altre cose.
Arrivò il Natale, il mio primo Natale italiano, non conoscevo questa festa, non è nella nostra tradizione, quindi mi lasciai condurre da Sandro per negozi alla ricerca di regalini indicati, per i nostri amici e anche per la sua famiglia, dato che per la cena della vigilia ero invitato a casa sua.
Arrivai con vari pacchettini luccicanti e mi aprì la porta suo padre, con un sorriso mi strinse la mano, poi mi presentò agli altri, nonni, zii, e…Alba sorella di Sandro.
Rimasi impietrito e quando le strinsi la mano esordii:
“Plaisir de faire la votre connaissance mademoiselle” -
Risero, avevo sbagliato lingua … passò come un vezzo da mediorientale colto.
“Ehi Reza” -disse il mio compagno di stanza – “spegni quella luce e smetti di fissare il soffitto, sono le tre di notte!!”
“Oh scusa Ahmad” – non aggiunsi altro, volevo restare con i miei pensieri, con l’immagine di Alba negli occhi, spensi la luce e mi girai e rigirai nel letto… che bel nome Alba… che bella lei… mi addormentai.
La rividi a capodanno perché con gli amici di vecchia data di Sandro e anche altri nuovi del corso, si organizzò una festa, affittammo un localino per ballare e viziarci con panettone e champagne, ne bevvi due coppe di quel vino amarognolo con le bollicine, e mi sentivo leggero leggero, preferii continuare con bibite analcoliche per evitare brutte figure, ero pur sempre un ufficiale della Marina, quindi dovevo darmi contegno e non solo, non potevo certo fare gaffe davanti ad Alba.
Purtroppo la mia “libera uscita” era poco libera, come militare dovevo rientrare non più in là delle due di notte.
Passarono i mesi ed era ormai un’abitudine frequentare la casa di Sandro, anche loro si erano abituati a me, ci vedevamo spesso e spesso pranzavo da loro la domenica.
“Ahmad, ho deciso, devo parlarle, devo parlare ad Alba, sono innamorato e lei lo deve sapere” – mi sfogai con il mio compagno.
“Ma scherzi, vuoi farti espellere dal corso e ritornare a casa senza diploma? Siamo ormai a metà, non puoi buttare via tutti gli sforzi che hai fatto per … per una donna… oh insomma non sai neppure se ti vuole.” – Ahmad era visibilmente spaventato per me.
“Appunto amico, per questo devo dirle tutto ciò che provo, quali sono i miei sentimenti, poi dipenderà da lei, si vedrà” – dissi convinto.
“Bene, allora non mi raccontare più nulla, non voglio essere coinvolto nella tua avventura, io finirò questo corso e lo voglio finire in pace!” – uscì sbattendo la porta.
Povero lui, aveva ragione ad essere preoccupato, ma l’amore non ha confini, e soprattutto non sente ragioni.
Così telefonai ad Alba:
“Ciao, sono Reza, come va?” – un colpo di tosse nervoso poi continuai – “ti devo parlare, da solo, vorrei vederti al più presto” – un attimo di silenzio poi lei mi rispose:
“Ma… va bene… però non subito, per le 17,30 ci vediamo al baretto della spiaggia”.
Uscito dal corso non presi l’autobus, cominciai a correre, una specie di jogging forzato per scaricare la tensione. Arrivai sudaticcio e affannato, le gambe un po’ molli, mi sedetti e ordinai un cappuccino.
Alba arrivò con circa 15 minuti di ritardo, avevo già mangiato le unghie della mano sinistra nell’attesa, lei mi vide, mi salutò e si sedette sbuffando e sorridendo, quasi per giustificare il ritardo, ma non la feci parlare, cominciai quasi subito con tono solenne
“… insomma voglio sposarti” – così finii la mia dichiarazione.
“Si” – lei rispose così, semplicemente, come se l’avesse sempre saputo, come se non stesse aspettando altro.
Le nostre famiglie furono messe al corrente, ma il nostro fidanzamento doveva restare un segreto sino alla fine del corso e al mio rientro dopo il diploma nella mia nazione, furono tempi difficili, anche contrarre il matrimonio (ovviamente per procura) e i documenti non fu facile, ma noi superammo tutto.
Ecco ora siamo qui al matrimonio di nostra figlia, ha vent’anni ed è bellissima, ed io guardo Alba e una lacrima le scende sulla guancia, che bella mamma e, e che bella moglie, dandogli un bacio sulle tempie le sorrido e poi… corro verso la mia bambina, devo essere il primo a baciare la sposa!!
Poi di corsa andranno all’aeroporto e partiranno per l’Italia, prima tappa i nonni a Livorno e la passeggiata lungomare, forse berranno un cappuccino al “nostro barettino”.