forough farokhzad

Forugh Farrokhzad, la poetessa che sfidò l'Islam
Di: Antonio Colecchia
fonte.internet
Notti insonni/Ascolto vuoti silenzi/ Elaboro il nulla/Setaccio il mare/Il dolore è già Amore.
Ancora oggi, a quasi 40 anni dalla sua morte, rimane come il punto di riferimento per la poesia persiana femminile, l’unica coraggiosa voce del dissenso e della ribellione, un mito che è riuscito a superare, oltre la morte, anche la rivoluzione islamica


Notti insonni
Ascolto vuoti silenzi
Elaboro il nulla
Setaccio il mare
Il dolore è già
Amore.
Forugh Farrokhzad, nera, brusca, bruciante. L’iraniana dolce e ribelle che con la sua poesia sfidò la tradizione islamica.

Forugh Farrokhzad nacque a Teheran il 5 gennaio del 1934, figlia di un militare e di una casalinga. Seguì gli studi di disegnatrice di moda e si dedicò alla pittura. A sedici anni sposò un anziano cugino, disegnatore e caricaturista, con un matrimonio combinato dalla famiglia secondo la tradizione islamica.
Nello stesso periodo iniziò a scrivere versi. Nel 1952 pubblicò, incoraggiata anche dal marito, la sua prima raccolta di poesie “Assir” (la prigioniera). Fu un grande scandalo: per la prima volta una donna islamica esprimeva le proprie emozioni intime con versi espliciti e immediati. Giudicata peccatrice e immorale, subì la critica più aspra e offensiva dalla cultura integralista bigotta e tradizionalista: fu denominata ben presto la poetessa del peccato.

“Lo desidero perché mi stringa a sé
mi stringa a sé che sono folle d’amore
e avvolga alla mia esistenza, forte
quelle braccia possenti e calde
vorrei, nei suoi baci ardenti
cercare rovente passione del piacere.”

Farrokhzad diventa, suo malgrado, la voce del dissenso femminile, non per una consapevolezza intellettuale, ma istintivamente: il suo scopo era di far comprendere l’integrità individuale di una donna, artista e poeta che si avvicina all’arte senza dover mascherare la propria realtà interiore.
“Coraggiosa, non cercava né alibi né difese, come i professionisti del dolore conosceva da vicino i loro desideri, l'orrore del mondo, e come gli esperti della giustizia sentiva la necessità della lotta senza mai tradire la sua ispirazione profonda”, è la prima donna in Iran a scrivere di amore, desiderio, sensualità, e questo era intollerabile. "Annegate (nella loro) gioventù non colpevole" e limitate ad una vita repressa dietro le tenda delle tradizioni, le donne giovani come lei hanno desiderato liberarsi dalla prigione della castità velare e hanno forzato il comportamento tradizionale, gridando fuori la propria natura.


Il mio amato

Il mio amato
con quel corpo nudo sfrontato
stava come la morte
sulle sue gambe possenti.

Impazienti linee curve
seguivano
i suoi lombi ribelli
nei loro disegni fermi.

Il mio amato
sembra perso da generazioni
come un tartaro
nel costante agguato di un cavaliere
nell'abisso dei suoi occhi.
O un berbero
trafitto dal sangue caldo di una preghiera
nel fresco bagliore dei suoi denti.

Il mio amato
come la natura
ha un franco ineluttabile concetto
approva
l'onesta legge del potere
con il mio fallimento.

E' selvaggiamente libero
come un sano istinto
nelle profondità di un'isola deserta.
Toglie
dalle scarpe la polvere delle strade
con i brandelli della tenda di Majnun.

Il mio amato
sembra sia stato straniero
dall'inizio della sua esistenza
come un dio in un tempio nepalese.
E' un uomo dei secoli passati
una reminiscenza della bellezza originaria.

Nel suo spazio
come nel profumo dell'infanzia
costantemente risveglia
memorie innocenti.
E' come un'allegra canzone popolare
piena di barbarie e nudità.



Dopo 3 anni, il legame matrimoniale cominciò a pesare sul suo temperamento artistico–intellettuale, anche perché non accettava la supremazia maschile che la legge coranica imponeva e a cui il marito si rifaceva. Scelse il divorzio e, per poterlo ottenere, dovette rinunciare per sempre a vedere il suo figlioletto di tre anni. Una scelta difficile compiuta per la passione e l’amore per la poesia e per l’arte. Ricominciò a disegnare e a dipingere; scrisse altre due raccolte di poesia “Divar” (il muro)

…. Ed in quella citta’
Il castello dei sogni avrà una serratura d’oro pesante
I vostri occhi con il loro grido silenzioso
Offuscherà la mia vista
Così come i vostri oscuri segreti
Costruiranno una parete intorno me.

“Le tue spalle sono
torri di ferro
splendore sublime del sangue e vita
del colore di un braciere ramato
Nel silenzio del tempio di passione
dormo accanto al tuo corpo, fervida
segno dei miei baci sulle tue spalle
segno del morso ardente del serpente
Le tue spalle sono
direzione di preghiera per i miei occhi bramosi
Le tue spalle sono pietra
dove appoggio la fronte in adorazione.”

e Osyan (la ribellione).

Il dono

Parlo dal profondo della notte
dal profondo del buio
e dal profondo della notte
parlo
se verrai a mia casa, amico
portami una luce e una finestra
che io possa osservare attraverso
la folla felice nel vicolo.

Nel 1958 conobbe il regista–scrittore Ebrahim, di cui diventa fedele collaboratrice e con il quale nasce un intenso legame amoroso che, fra alti e bassi, l’accompagnerà fino alla sua morte. Iniziò a occuparsi anche di montaggio, sceneggiatura e regia. Si cimentò nel 1963 anche come attrice in “Sei personaggi in cerca di autore” di Luigi Pirandello. Nel 1962 realizzò un documentario sulla vita dei lebbrosi in una casa di cura di Tabriz dal titolo” Khanè siyah ast” (La casa è nera), che vinse il primo premio alla regia al festival di Uberhausen e nello stesso anno pubblicò la sua opera poetica più importante, “tavallodi digar” (l’altra nascita ).

“Piu’ sola di una foglia
Col peso delle mie gioie lontane
Adagio avanzo
Sulle acque azzurre d’estate
Fino alla terra della morte
Fino alla riva nostalgica d’autunno “

Nel 1965 l’UNESCO realizzò due cortometraggi sulla sua vita. Nel 1966 partecipò alla seconda edizione del festival cinematografico di Pesaro.

Tra mari pericolosi
ho navigato
Sotto foschi cieli
ho camminato
ma la tua luce
mi ha sempre guidato

Sono depressa
Vado nel giardino e stendo le dita
Sulla pelle tesa della notte
Le lampade che si uniscono sono spente
Nessuno mi introdurrà alla luce del sole
O mi accompagnerà’
Al raduno dei passeri
Impara il volo a memoria
Giacchè l’uccello è mortale

Non cessò la sua intensa attività di scrittrice e tradusse in persiano molte poesie occidentali. Era in piena attivita’ produttiva quando, il 14 febbraio del 1967, perse la vita in un incidente stradale a Theran.

La mia morte verrà un giorno
Un giorno di primavera, luminoso e bello
un giorno di inverno, distante polveroso,
un vuoto giorno di autunno, privo di gioia.
La terra mi invita nel suo abbraccio,
La gente mi raccoglie e mi seppellisce là
Forse a mezzanotte i miei ammiratori
Poseranno sopra di me corone con tante rose.

Sarà pubblicata postuma l’ultima, e forse anche la più importante, raccolta poetica, “Iman biavarim be aghaz-e fasl-e sard“ (Crediamo soltanto all’inizio della stagione fredda). Ancora oggi, a quasi 40 anni dalla sua morte, rimane come il punto di riferimento per la poesia persiana femminile, l’unica coraggiosa voce del dissenso e della ribellione, un mito che è riuscito a superare, oltre la morte, anche la rivoluzione islamica. Un punto fermo per le generazioni di artisti che vogliono inventare nuovi spazi di libertà. A distanza di tanti anni è ancora fra i poeti persiani più amati e letti.

Perché non ho guardato?
Come quando l’uomo passava lungo gli alberi bagnati
Perché non ho guardato
Sembra avesse pianto mia madre quella notte
Quella notte che giunsi al dolore e l’embrione si formò
Quella notte che divenni la sposa delle spighe d’acacia
Quella notte Isfahan era colma d’echi di azzurre maioliche
E colui che era la mia metà
Era ritornato dentro il mio embrione
E io lo vedevo nello specchio
Che era puro e luminoso come specchio
E d’improvviso mi chiamò
E io divenni la sposa delle spighe di acacia.

"Risalirò
la scala della Vita
per ritrovare
un sogno
e sentirò pulsare
il cuore
in eufonia
di Pace"