Kambiz Tashayoee, nato a Tehran nel 1947,poeta,scrittore,traduttore e professore di musica, vive a Padova. Studioso di letteratura europea, in particolare quella del Novecento, ha ricevuto numerosi premi letterari sia in Italia che all'estero. Collabora con traduzioni alla rivista iraniana di poesia "Magazine Shér".
Tratto dal libro:Fin dietro al tempo
Prefazione di Sabino S. Acquaviva. Nota di Carla Rugger. Disegni del pittore danese Ib Nielsen.
Veneta Editrice


Le sue poesie sono inserite in varie antologie e molte riviste letterarie. Collabora con riviste e letterarie italiane e con la rivista "Punto di Vista" attraverso la quale ha presentato celebri poeti iraniani dei quali ha tradotto numerose poesie. In riviste letterarie iraniane ha presentato e tradotto poesie di poeti italiani, tra cui G. Carducci e L. Pirandello.
Ha partecipato a molti premi letterari ottenendo oltre ottanta importanti riconoscimenti, tra questi il primo premio al "Città di Venezia". La "Accademia Internazionale Artistico-Letteraria Città di Boretto" (Reggio Emilia) lo ha nominato prima "Accademico di Merito, quale membro Honoris Causa a vita", poi "Cavaliere Accademico al Merito della Cultura internazionale" e in seguito "Commendatore al Merito della Cultura internazionale". Questi riconoscimenti gli sono stati conferiti "per l'elevazione del sentimento umano e particolari benemerenze culturali ed artistiche attraverso i più nobili ideali di vita".
Nel 1995 ha pubblicato il libro di poesie Fin dietro al tempo, con la prefazione del prof. Sabino S. Acquaviva (Università di Padova, facoltà di Sociologia) che così ha scritto, tra l'altro: «Come Leopardi parla di noi in maniera chiara e umana, i versi di Kambiz ci aiutano a interpretare o fissare i sentimenti più nobili o più drammatici. Ci aiuta a descrivere noi stessi, il nostro bisogno d'infinito; ci offre versi e pensieri che dureranno in eterno, come eterni, secolo dopo secolo, sono i sentimenti, i bisogni e i desideri di ogni uomo, ogni donna, ogni generazione».

Fin dietro al tempo
Meditare sotto le scale della notte,
la sete delle voci
e delle parole che hanno odore dell'amore
per l'uomo
mi hanno portato sulle ali
dell'alba.
Questo profumo mi chiama,
mi trascina via per via
e mi fa attraversare ponti lignei vecchi
e rotti fino ai sentieri,
punti lontani.
Per stringere queste
mani,
fin dietro al tempo sono fermo.

portiamo perfazione e la nota del suo libro.

La prefazione di Sabino S. Acquaviva
Un poeta originario di un paese lontano parla di noi? Della vita e della morte, dei significati dell'esistenza? Eccoci tutti impegnati a tentare di scoprire le origini profonde della sua maniera di pensare e scrivere, a faticare per cogliere frammenti della sua cultura, del mondo e dei valori in cui si è formato, e questo in ogni pagina riga o parola. Invece no, parlare delle poesie di Kambiz M. Tashayoee , riflettere sui suoi versi, significa confrontarsi con qualche cosa di universale, sia nel linguaggio che nei contenuti. I sentimenti che descrive non sono dell'Asia o dell'Europa, dell'Islam o del Cristianesimo. Semplicemente riguardano l'uomo. Usando un linguaggio poetico affascinante si confronta con i dolori e le gioie, lo stupore e le disillusioni, i sogni e la realtà, di uomini e donne di questo pianeta. Ma forse, anche se le chiavi di lettura delle sue poesie sono molteplici, quella che più mi convince dipana il problema del tempo. "La cenere del tempo", osserva, "siede sul grido dell'uomo, l'eco del ritmo della morte nella tromba d'aria del cosmo si sente all'infinito". Ma la morte, il tempo, l'infinito, sono presenti nella mente di ognuno di noi. Dalle ricerche sull'esperienza religiosa condotta da psicologi e sociologi emergono conclusioni che già sono nella filosofia e nelle poesie di Kambiz: "Nella culla della notte sogno, il sognare l'immortalità è il sogno di un sogno". Questo desiderio di sfuggire la morte, di essere per sempre, è di tutti. Tutti vorrebbero esprimere desideri e sentimenti parlando, come fa Kambiz con una sintesi affascinante, di "binari dell'infinito" o esprimendo il desiderio di "chiudere la porta dietro all'universo". Con i suoi versi riesce a esprimere sentimenti e pensieri di quanti hanno interrogato la vita, la morte, l'infinito e l'eterno. Ma anche di chi ripetutamente si domanda quali sono le origini dell'universo.
In conclusione, un poeta calato nella vita che non viene catturato dal rarefatto mondo di una poesia criptica e incomprensibile per la maggioranza degli uomini. Come Leopardi parla di noi in maniera chiara ed umana: i suoi versi ci aiutano a interpretare o fissare i sentimenti più nobili o più drammatici. Ci aiuta a descrivere noi stessi, il nostro bisogno di infinito: ci offre versi e pensieri che dureranno in eterno, come eterni, secolo dopo secolo, sono i sentimenti, i bisogni e i desideri di ogni uomo, ogni donna, ogni generazione.
La nota di Carla Rugger
Nella poesia di Kambiz M. Tashayoee vibra il silenzio - il silenzio parla - è tangibile come una ferita, è vulnerabile, è sereno, incorruttibile. Si circonda di note cristalline, proteggono ciò che sta dentro in questo suo silenzio: la sua voce, la sua essenza, la sua nudità.
Echi antichi si insinuano sotto il velo delle parole del poeta d'oggi che accetta la sfida del mondo (sfidando egli stesso) con la sua isola di felicità e di tormento. Il simbolismo delle sue immagini interiori ne accentua il significato; l'enigma si risolve lentamente aprendo varchi infiniti di possibilità. Un fuoco caldo di parole lievitano con il loro peso consapevole in seno al mondo. Allusioni, echi profondi si infrangono sulle dure pareti dell'esistere provocando scintille di saggezza. Il poeta "dice", assumendo di volta in volta aspetti disarmanti; un pensiero si allunga all'infinito.
Il titolo della lirica che dà inizio alla raccolta ha peso metafisico nel susseguirsi del verso: "...Meditare sotto le scale della notte | la sete delle voci e delle parole che hanno odore dell'amore | Fin dietro al tempo sono fermo." Ciò che sta alle sue spalle, il poeta è là, nel tempo e oltre il tempo, immobile nella sua pura essenza, pronto a raccoglierne la memoria, echi e timbri millenari; egli ha "sete" delle antiche voci, delle "parole" che hanno forgiato l'uomo, l'umanità, e con il suo desiderio d'infinito, nel buio che è anche luce, è pronto a superare ogni ostacolo, ogni avversità.
Ogni parola di questa intensa silloge è un invito alla riflessione; i versi liberano vortici di energia spirituale e cosmica, il linguaggio che ne deriva assume connotazioni differenti. Talvolta il verso s'allunga come un lungo respiro sul mondo, e in questo ritmo silenzioso percorso da fremiti si cela la purità di un pensiero che cerca approdi e certezze per sopravvivere. Ma al suo interno, nel nucleo mobile e inquieto, un desiderio spinge a guidare il Destino, o di imbrigliarne i disegni. La voce del poeta talora si fa forte, ora lieve, ma sempre, al suo interno umori e pulsioni scorrono come lava incandescente sul suo tessuto innocente. Egli corre incontro alla Poesia -timbro del sangue- come un assetato, come un bambino che protende le braccia per afferrare l'oggetto del suo desiderio. Si dona; crede nell'umanità e nel suo riscatto, sa che l'uomo conserva in sè semi di saggezza e di giustizia-crescerà, allora, così che dalla fonte della vita fluiranno rivoli di pace. Desiderio del poeta, desiderio dell'uomo.
Lentamente la poetica di Kambiz si inoltra sul terreno della Storia umana illuminando zone d'ombra per lasciar spazio a porzioni di verità. Egli si interroga, ascolta, pensa, giudica, ma è il suo, un giudizio privo di condanna. La sua acutezza di sentimenti gli permette di "vedere" ciò che altri non vedono, di percepire il "ventre" del mondo con le sue laceranti contraddizioni. Giustizia, libertà, verità sono i cardini su cui appoggia la sua poesia, che diventa così, forza universale, voce solitaria che penetra con il suo timbro particolare "la dura scorza" del vivere. L'amore per Kambiz è fonte inesauribile di stimolo; la donna nei suoi versi è simbolo di eterne dolcezze, idealizzata dal poeta essa percorre i suoi sogni, li fa fremere; è un amore che scorre come rivoli di miele, acqua di sorgente in cui dissetare se stesso. Questo invincibile, folle sentimento guida la sua raccolta poetica, si fa portavoce e messaggio; s'uniscono il senso del presagio, l'ineluttabilità del Destino, la metafora, l'idealismo, che coinvolgono in maniera indissolubile il pensiero di Kambiz, poeta del silenzio e della meditazione. L'eco delle sue parole assorbe il peso della Storia fatta di tragicità e di errori; egli ripone speranza nell'uomo affinché possa risvegliarsi da un torpore che annienta il suo spirito, la sua capacità di "essere" in seno al mondo. Ma è attraverso e mediante l'Amore, la comprensione che si potranno raggiungere in parte le segrete aspirazioni dell'umanità sofferente; per il poeta questo "assioma" diventa imperioso, lo fa vivere; il suo grido è come un macigno scagliato nelle viscere dell'indifferenza.
Ma attenzione alle voci, alterne stridule voci che vorrebbero sopraffare la voce intima del poeta, il suo silenzio che è impasto di parola e gesto. Egli afferma: "... Cambiate i posti dei quadri come si cambia l'inverno con la primavera, l'alba con il tramonto. Spostate i vasi dei fiori e le sedie. Ma, non cambiate la tonalità della voce. " Non alterate la vostra voce, egli dice, non forzate la mia a mutare, essa ha necessità di librarsi scevra d'ogni scoria, innocente sulla scena del mondo, affinchè scorra sul "binario" delle infinite possibilità. Non stridule alternanze, dunque, per non turbare l'intimo colloquio con il "sè" con la natura, l'universo delle idee e la loro trascendenza.
Kambiz, poeta del divenire - che si inoltra con passo leggero ma deciso nel duro cammino della conoscenza umana, lo sguardo indagatore sul mondo; frangere, infine, con la sua poesia lo status di incomunicabilità, tipico ora della nostra epoca.