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E l'Iran strappò il velo mediatico
Firouzeh Khosrovani, Il Manifesto, 4 marzo 2008

Parliamo ancora una volta di Iran. Dell’ Iran che la mostra fotografica di Riccardo Zipoli ci presenta, L’Occhio Interiore, organizzata dall’ambasciata dell’Italia, inaugurata pochi giorni fa al Museo d’Arte Contemporanea di Tehran.

Un’esposizione articolata in due movimenti,da un lato Venezia allo specchio delle sue finestre, e dall’altro un ritorno alla bellezza del paesaggio iraniano, ben oltre gli schieramenti sul nucleare, Israele e lo scontro di civiltà. Riccardo Zipoli, ordinario di Letteratura Persiana alla Ca’ Foscari di Venezia ci mostra come questo paese si offra a molteplici sguardi, interni o esterni, accomunati dalla voglia di comprendere il verso più sottile di questa terra. È dal ’72 che Zipoli porta in Iran gli specchi del suo sguardo. Come il Marco Polo delle Città Invisibili di Calvino, straniero che mostra questo Oriente sterminato e indecifrabile a Kublai Khan. E oggi vediamo gli Iraniani specchiarsi in queste immagini, leggiamo nei loro occhi l’amore profondo che li lega alla loro terra. Vediamo sempre il fascino del paesaggio iraniano nel cinema di Abbas Kiarostami quando il vento è la metafora più vicina all’inquietudine spirituale e l’albero un elemento immutabile nella sua narrazione cinematografica, e non e’ un caso infatti che sia egli stesso a dichiarare a proposito di questa mostra che “ho conosciuto Zipoli con le sue foto dell’Iran. Indubbiamente le sue foto hanno influenzato la mia visione del paesaggio iraniano. E quando la sua macchina fotografica tocca Venezia è come se toccasse il mio cuore.” Venezia è una delle città più difficili da fotografare, ormai da tempo città simbolo della fotografia usa e getta. Zipoli si affida alle finestre per oltrepassare questo luogo comune della rappresentazione, che come specchi dalla luce rinnovata disegnano uno sguardo laterale sulla laguna. Allo stesso modo, nel caso dell’Iran, la sua paesaggistica ci aiuta a superare lo stereotipo di un Iran esclusivamente urbano - Iran ridotto a Tehran, sua capitale – e fasciato di nero di chador, militarizzato dalle barbe islamiche.
Purtroppo molto spesso tendiamo a tradurre i segni della persistenza del politico anche nei tratti della natura. In queste foto il riflesso di bellezza del paesaggio ci dà l’opportunità di non situarlo più accanto alla base nucleare, sotto il governo di Ahmadinejad o sopra i giacimenti di petrolio. Forse la natura dell’Iran è l’ultima e l’unica cosa ad essere rimasta immune ad un sistema che entra negli ingranaggi politici, sociali e individuali. Queste immagini sono un’occasione per parlare finalmente di Iran al di fuori di un contesto politico. Guardando i paesaggi della loro terra attraverso gli occhi di Zipoli, gli iraniani presenti all’inaugurazione della mostra hanno avuto la possibilità di estraniarsi da questa realtà continuamente politicizzata dall’esterno o dall’interno. Da un certo punto di vista è riduttivo determinare l’identità di un individuo solo in base al sistema politico in cui egli è immerso: “io amo davvero il vostro paese” dichiara Zipoli “la partecipazione di stasera è stata un esempio di normalità, non si è parlato di politica, ma di alberi, di amori...”
Zipoli afferma che “purtroppo in questi ultimi due anni, la rappresentazione dell’Iran in Occidente è monopolizzata da lapidazioni, esecuzioni e arresti “, lasciando così poco spazio alle immagini di ciò che più di ogni altra cosa accende il cuore degli iraniani, il paesaggio della loro terra.
È in questo che lo sguardo da “esterno” di Zipoli si trasmuta nell’Occhio Interno degli iraniani, essi stessi “molto commossi dal fatto che il loro paese sia tanto amato da me” commenta lo stesso Zipoli, meravigliato dai tanti giovani, studenti, giornalisti, tra cui moltissime donne, che hanno salutato l’evento con passione e viva curiosità. “Dico sempre agli amici italiani” – prosegue – “che solo venendo in questo paese è possibile abbandonare l’immagine distorta acquisita dai media.” La geopolitica ci può raccontare molto di un paese, ma è uno sguardo che si situa in un livello troppo distante dal tessuto vivo di una terra, con la sua cultura, le case, le strade, l’anima di un paese che si guarda allo specchio. A questo proposito, la poesia e’ la prima vittima dello sguardo politicizzato su una terra, e la presenza estesa del “poetico” e’ uno dei principali caratteri dell’identità iraniana. Riccardo Zipoli è uno dei più fini conoscitori italiani della poesia persiana, classica e contemporanea, e negli ultimi decenni si è dedicato con passione alla traduzione e alla divulgazione di questo patrimonio letterario. Lo stesso iranista italiano in numerose occasioni ha mostrato la stretta relazione tra il paesaggio d’Iran e la sua poesia, elementi che partecipano in modo pregnante alla costruzione di un’identità complessa. Dopo tutto qualcosa di questa identità traspare da queste foto: le risaie dell’estremo nord, i sud con le loro palme e, gli alberi secchi o in fiore, gli asini all’ombra dei muretti d’argilla, montagne innevate, squarci desertici, nuvole impazzite di luce, con le loro ombre e il profilo dei loro sentieri. Il tutto a testimonianza di una “persianità” che tanto ci prende in questa terra...
“Sei solo in qual spettacolo? Di luce,
sopra, il fiore di un giorno,
sotto, il buio del vento.
Non sorvegliare inutilmente, notte...”
(Sohrab Sepehri, Un Giardino nella Voce, Persia 1972 – 1994, a cura di Riccardo Zipoli, Angelo Pontecorboli Editore, Firenze, p. 93).

Tratto dal sito: https://www.melograno.ir