Pirooz

LA BICICLETTA di Pirooz

Eccomi qui, dalla finestra del mio studio guardo un gruppo di ragazzi giocare felici con la bicicletta in cortile, girano, si rincorrono, insomma sono allegri; ancora oggi nonostante siano passati molti anni, il ricordo di me bambino appare nitido nella mia mente.

Avevo circa 6 anni e abitavo con la mia famiglia a Rasht , mio padre lavorava come operaio e all’ora di pranzo veniva sempre a casa per rifocillarsi e riposare un poco, poi riprendeva il lavoro fino a sera.
In quel frangente, io uscivo nel cortile di casa mia ed inforcavo la bicicletta di mio padre, nonostante fosse molto più grande di me cercavo in tutti i modi di usarla, ma ahimè per quanti sforzi facessi erano più le cadute che le pedalate, ma io, testardo provavo e riprovavo a far girare quelle grosse ruote.
Un giorno mi feci coraggio e chiesi a mio padre di comperarmi una bicicletta tutta per me.
Lui mi ascoltò, stette un attimo a pensare, poi rispose guardandomi con affetto che avrei dovuto aspettare quando sarei diventato un po’ più grande.
Io piansi, lo supplicai e tanto insistetti che riuscii a strappargli una promessa o quasi.
“E va bene figlio testardo, domani quando tornerò dal lavoro andrò dal sarto e te ne farò costruire una su misura per te! Ora lasciami riposare” – sbottò mio padre.
Il cuore mi batteva forte per la felicità e me ne andai sognando la bicicletta tutta per me.
Passarono giorni e giorni e della bicicletta nessuna traccia.
Talvolta andavo a casa della zia a giocare con mio cugino che aveva una bicicletta ma non sapeva usarla, così con la scusa di aiutarlo a pedalare, giocavo io.
Ormai era trascorso più di un mese, quindi mi feci forza ed affrontai di nuovo il discorso con mio padre.
“Papà ma allora questa bicicletta quando arriva?”
“Tranquillo figliolo, il sarto è lento e ha molto lavoro ma vedrai che tutto andrà a buon fine"- mi rispose.
Finì così l’estate, e io cominciavo a prepararmi per andare a scuola … sapete… andavo in prima elementare!
Fu in aula, un giorno che parlando con i miei compagni, compresi che le biciclette non le costruivano i sarti.
Che delusione! …con due grosse lacrime agli occhi chiesi spiegazione a mia madre, lei mi accarezzò il viso prendendomi la mano mi spiegò che mio padre essendo malato e le cure molto costose, con il suo salario di operaio e una famiglia da mantenere la spesa della bicicletta era impossibile.
Pieno di rabbia corsi in un angolo del cortile e pensai il modo di comperarmela, oppure di costruirmela o chissà…
Passarono così i cinque anni delle elementari. Alla fine della quinta classe venne indetta una gara nella scuola; i migliori tre scolari avrebbero vinto una bicicletta.
Il tempo era poco, solo quindici giorni per prepararmi, ma tanto era il desiderio di vincere che mi misi subito a studiare.
Studiavo, studiavo, non giocavo più, talvolta mi facevo svegliare al mattino prestissimo da mia nonna, dopo aver fatto una buona colazione di nuovo studiavo tutto il giorno.
Mi dolevano le spalle così curvo per tante ore sui libri, gli occhi si arrossavano, e anche le dita delle mani mi facevano male, ma non aveva importanza, dovevo raggiungere il mio sogno.
A gambe incrociate sul tappeto dondolavo ripetendo lezioni a memoria come una cantilena.
Il giorno dell’esame arrivò, io ero emozionantissimo , eravamo in tanti: 99 bambini e solo tre potevano vincere.
Le gambe mi tramavano tanto il giorno che entrai a scuola e un gruppo di compagni urlavano “Hai vinto! Hai vinto!”, oltre le gambe anche la testa cominciò a tremarmi, ero stordito al punto di non vedere il mio nome sulla lista, ma quando arrivò il Signor Direttore a stringermi la mano … ci credetti.
La bicicletta finalmente era mia!
La presi per il manubrio e la portai sino a casa poi nel cortile cominciai a girare in tondo mentre aspettavo mio padre; quando verso sera rincasò e mi vide con la bicicletta nei suoi occhi brillò una luce dorata, mi abbracciò, poi piano piano mi disse:
“Sono orgoglioso di te figlio caro, avrei voluto io farti questo dono”.
“Anch’io sono fiero di te per tutto ciò che fai per me e i miei fratelli, ti prometto che studierò perché da grande voglio diventare un dottore, ti aiuterò e ti curerò amorevolmente”.
Ma purtroppo ciò non è potuto accadere perché mio padre morì prima che io potessi laurearmi e curarlo.
Piano piano chiusi la finestra lasciando fuori i ricordi e ripresi il mio libro di biologia.