La minaccia nucleare in Medio Oriente

Oct 202013
 

amir madani

La recensione di Gian Franco Tracci

Nel volume “La minaccia nucleare in Medio Oriente “ edizioni CLUEB, Amir Madani, Alessandro Politi e Rodolfo Guzzi sostengono che un conflitto tra Stati Uniti, Iran e Israele, dato per inevitabile da molti  analisti, sarebbe invece alquanto improbabile per le inevitabili conclusioni disastrose, anche in quanto non mancherebbero di essere coinvolti altri attori importanti a livello globale.

Amir Madani  illustra la situazione dei rapporti USA-Iran,  L’Autore risale alle varie fasi storiche del nucleare iraniano, cita le verifiche  dell’AIEA, indica la consistenza della minaccia nucleare iraniana e delinea le prospettive di una possibile soluzione negoziale.

Il Madani, architetto italiano di origine iraniana,  vive in Italia da più di 30 anni ed è un profondo conoscitore dell’area mediorientale; come analista strategico sostiene che storicamente l’Iran è un paese che per secoli è stato la più avanzata civiltà del mondo e la potenza dominante della Regione. La civiltà iranica nei secoli si è estesa in molti paesi del Medio Oriente, che tuttora conservano con l’Iran importanti legami storici, culturali ed etici. Ancora  oggi in molti paesi della regione si parla la lingua iranica parsi. E’ inevitabile pertanto che ancora oggi l’Iran moderno, erede di secoli di storia, sia sensibile alle istanze popolari che lo considerano  ancora una potenza non trascurabile della Regione.

Visto il ruolo strategico che le armi nucleari hanno assunto dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Iran non ha mai accettato di giocare un ruolo succube e secondario in presenza di altre potenze della regione cioè India,  Pakistan e Israele, che hanno invece acquisito capacità nucleari senza alcuna opposizione internazionale ed in particolare degli Stati Uniti.

E’ per questi motivi che fin dall’epoca dello Shah Reza Pahlevi, l’Iran ha perseguito programmi di sviluppo dell’energia nucleare, benchè il paese possieda una delle più grandi riserve di prodotti petroliferi del mondo.

L’amministrazione Statunitense nei rapporti con L’Iran, dopo la Seconda Guerra Mondiale ha mantenuto un’attitudine altalenante. Prima ha sostenuto il rovesciamento del governo Mossadegh, poi ha assunto  una posizione di completa contrapposizione contro il regime degli Ayatollah,   rimanendo però silente di fronte alle dimostrazioni scatenate dall’Onda Verde dell’opposizione politica interna in cui la parte più progressista  perseguiva l’obiettivo di una maggiore democrazia laica.

A tutto questo si aggiunge che l’Amministrazione Obama sembra ormai orientata a ridurre il suo interesse per l’area mediorientale per rivolgersi all’area dell’Oceano Pacifico, accentuando in tal modo l’insicurezza di Israele, che sembra orientata a una prova di forza contro l’Iran sentendosi minacciato direttamente dalla possibilità dello sviluppo di una capacità nucleare iraniano, anche se gli Stati Uniti farebbero tutto il possibile per evitare l’iniziativa israeliana, ancorchè limitata, in quanto un eventuale conflitto provocherebbe un’inevitabile escalation.

Amir Madani delinea con numerosi e puntuali richiami storici l’evoluzione del nucleare iraniano che dal 1979 inizia ad alimentare forti tensioni tra l’Iran e gli Stati Uniti. La crisi arriva al suo culmine con la deposizione di Mohammad Khatami e l’ascesa al potere di Ahmadinejad.

Il nucleare è forse l’unico tema sul quale l’establishement iraniano raccoglie tuttora il consenso di una gran parte della società civile più emancipata. Ufficialmente il programma nucleare iraniano è per usi civili e sarebbe perseguito per la produzione di energia per scopi civili.  Tecnicamente però il nucleare per scopi bellici è sviluppabile con continuità rispetto all’energia nucleare civile e l’ambiguità dei comportamenti governativi iraniani su questo tema preoccupa le cancellerie occidentali e in particolare anche Israele.

Nella sua analisi, Amir Madani ricostruisce le fasi storiche del nucleare iraniano, partendo dalla monarchia Pahlavi degli anni Sessanta, in cui gli Stati Uniti promuovevano i progetti iraniani sull’uso del nucleare e molte aziende degli Stati Uniti, della Germania e della Francia facevano a gara a vendere all’Iran i loro reattori nucleari, ritenendo che l’iniziazione dell’Iran al nucleare sarebbe servita alla pace mondiale.

A livello popolare i fermenti e le lotte sociali della società iraniana, che aspirava a riforme più democratiche, nel 1979 portavano alla rivoluzione guidata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini, che deponeva il regime dello Shah Reza Pahlevi. Nel corso della successiva guerra Iran-l’Iraq (1980-1988) gli impianti nucleari già installati rimanevano danneggiati e diventavano inutilizzabili. Dopo il conflitto, i nuovi governanti iraniani riprendevano interesse per il nucleare e offrivano agli USA e agli altri paesi dell’Europa occidentale l’opportunità di costruire nuovi reattori. Di fronte al loro rifiuto, il regime teocratico iraniano si rivolgeva alla Russia per riavviare il programma nucleare iraniano.

L’Amministrazione Obama recentemente ha molto attenuato la tensione precedente con l’Iran. Madani ritiene che un’eventuale soluzione negoziale in questo periodo andrebbe cercata prevalentemente nei rapporti bilaterali tra i due paesi.

Da notare che in Iran esiste una legge che vieta espressamente di intraprendere qualsiasi attività nel settore militare relativo al nucleare, anche se è noto che il nucleare militare non è separabile dal nucleare civile. In un articolo comparso sull’International Herald Tribune si sostiene che l’Iran armato nuclearmente non sarebbe un pericolo per nessuno, in quanto un eventuale impiego dell’arma nucleare da parte iraniana avrebbe risultati catastrofici per lo stessoaggressore, a fronte di avversari che sono tutti nuclearmente molto più potenti dell’Iran.

Storicamente l’Iran è una delle nazioni più antiche del mondo, con una forte tradizione di nazionalismo. Un’eccessiva pressione esterna rafforza le anime radicali interne e indebolisce ulteriormente il movimento democratico di opposizione dell’Onda Verde nato nel 2009.

L’Europa dovrebbe essere uno dei protagonisti principali della mediazione attraverso le diplomazie per  prevenire un conflitto da cui per l’Europa stessa sarebbe difficile sottrarsi. Purtroppo, a fronte dell’assenza di una presa di posizione politica dell’UE, la vera protagonista della partita resta la Casa Bianca, Tra gli attori non statuali che agitano la minaccia del terrorismo internazionale, anche l’Iran non desidera la vittoria delle forze salafite del Jihadismo legate ad al-Qaeda ed ai Taliban che fomentano l’insicurezza globale.

In Israele, lo spettro della guerra con l’Iran serve per premere sul piano strategico verso gli Stati Uniti e sulla politica interna per raccogliere il supporto delle destre israeliane, per tenere compatta la società sul piano esistenziale e per rinviare altre tematiche di fondo.

Storicamente, da millenni gli ebrei hanno sempre mantenuto ottime relazioni con il potere iraniano contingente e sono stati sempre protetti. Le relazioni tra i due popoli erano ben radicate nel tessuto sociale e quindi nel paese reale non viene presa sul serio l’attuale  retorica anti–iraniana di Netanyahu.

 

Alessandro Politi affronta l’ipotesi di conflitto Iran-Israele e pone in evidenza che, anche nell’ipotesi peggiore per Israele, esiste una fortissima disparità di armi nucleari a favore di Tel-Aviv. Da uno scambio nucleare l’Iran uscirebbe praticamente annientato anche in quanto sarebbe sufficiente  una sola delle armi nucleari megatoniche disponibili in Israele per paralizzare l’Iran.

Nell’ipotesi di un attacco di Israele rivolto a colpire il potenziale nucleare dell’Iran, i bersagli più probabili sarebbero Natanz, Araq ed Isfahan sui quali potrebbe essere utilizzata una munizione guidata GBU 57-A/B fornita dagli Stati Uniti e del peso di 15 t., trasportabile da un aereo USA B-2 Spirit; l’arma sarebbe in grado di penetrare nei siti Iraniani, e l’operazione sarebbe condotta in  contemporanea con una operazione di lancio di 30 IRBM, l’attacco di 80 caccia F-15/F-16 ed un massiccio attacco di guerra elettronica contro radar, missili e caccia intercettori. L’operazione dovrebbe prevedere il sorvolo dello spazio aereo dell’Iraq e di altri paesi. Le possibilità di difesa e di risposta dell’Iran sarebbero decisamente ridotte. La situazione cambierebbe in peggio qualora intervenissero anche gli Stati Uniti.

Pur esistendo un rischio concreto che scoppi un conflitto regionale dalle dinamiche imprevedibili, un attacco israeliano avrebbe un effetto solo temporaneo. Infatti, secondo l’US Central Command, un attacco israeliano avrebbe un effetto di ritardare solo di un paio d’anni il programma nucleare iraniano. Esistono pertanto valide alternative ad uno scenario di guerra.

Sul piano geo-strategico, fino ad ora le sanzioni contro l’Iran sono state un colabrodo. Violazioni alle sanzioni sono state commesse da almeno 12 paesi, compresa l’Italia.

 

Rodolfo Guzzi indica il profilo delle strutture nucleari iraniane e fornisce chiarimenti sul processo di arricchimento dell’Uranio. L’AIEA fino ad ora non ha fornito un rapporto sul processo di arricchimento e l’Iran per suo conto insiste nel dichiarare che il suo programma nucleare è di natura pacifica.

Secondo l’analisi del Guzzi, andrebbe anche considerato che l’Iran dispone di 22 siti nucleari e di altri numerosi centri di ricerca in medicina nucleare e che il programma nucleare si fonde con altri programmi che comprendono lo sviluppo di vettori per il lancio di satelliti e lo sviluppo di acciai speciali per uso bellico.

Il Prof. Guzzi illustra ampiamente le attività che si svolgono nelle principali infrastrutture impiegate in attività nucleari e missilistiche. L’Iran disporrebbe di una vasta gamma di missili che vanno da una gittata di 800 miglia (Sharab 3), alla gittata di 3000 miglia (ICBM). Con ben quattro lanci, l’Iran. ha già ampiamente dimostrato la capacità di lanciare satelliti.

Secondo il Guzzi altri analisti ritengono che l’Iran manchi ancora delle capacità tecnologiche per  ridurre le dimensioni ed il peso delle testate nucleari come payload dei missili, anche se i tempi non sarebbero lontani.

 

Gianfranco Tracci

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